Nemmeno una

C’è una seconda lista della spesa, oltre a quella che elenca le assenze dentro la dispensa, che ogni donna stila in modo più discreto: è la lista dei cosmetici da comprare e da provare. Da provare a comprare. Da comprare per provare.
Almeno una volta ogni trimestre, è opportuno trovare il tempo per recarsi in profumeria a controllare se nel frattempo sia stato inventato qualcosa di nuovo che faccia più al caso nostro, permettendo ai sensi di inebriarsi e al portafogli di sgonfiarsi quel poco che basta.
È piacevole riempire il mobile del bagno di boccette e boccettine colorate, da conservare anche quando saranno ormai vuote, talmente sono belle con tutte quelle promesse scritte in bella grafia sull’etichetta.
In realtà una crema idratante farebbe effetto anche sull’epidermide maschile, ma questo è un dettaglio: il packaging è dedicato a noi donne, che prima stiliamo la lista di ciò che “occorre” e poi acquistiamo i prodotti, valutando le mille opzioni. Per noi scegliamo fragranze alla rosa, alla viola e alla vaniglia, per loro quelle al muschio, al tabacco e al sandalo, che suona più virile e ce li ricorda un po’.
È paziente la mia profumiera. Lei sa che i concetti -borderline tra chimica ed estetica-, che si ostina a ripetermi trimestre dopo trimestre, nel tentativo di spiegarmi come si stenda un fondotinta o come sia inutile al mio caso un determinato prodotto, sono parole dette al vento.
È consapevole di come io faccia solo finta di ascoltare e accettare i suoi consigli: non spalmerò mai una crema picchiettandola fino al completo assorbimento, non lascerò mai agire il balsamo per cinque minuti prima di sciacquarlo e non perché non abbia tempo, ma perché mi manca la pazienza e non credo nelle favole. Io la crema la metto come capita: sta a lei fare il proprio dovere, visto che è stata formulata dai chimici cosmetici per apportare un determinato beneficio a chi la acquisita. Quei poverini, nel loro camice, hanno studiato e lavorato tanto, tra provette e alambicchi, per creare le molecole morbide, colorate e profumate che, come soldatini bene addestrati, sanno esattamente cosa fare una volta arrivate sulla mia epidermide.
Nonostante questa mia indolente sciatteria, la mia profumiera mi vuole bene ugualmente, mi sopporta, mi riempie di campioncini e di coupon con le offerte speciali, perché sa che tornerò, soprattutto per cospargermi gratuitamente della fragranza contenuta nell’enorme dispenser-acquasantiera, posto all’ingresso del negozio.

Un aforisma simpatico, che girava in rete qualche anno fa, recitava: “È facile essere belli a vent’anni, ma è dopo i quaranta che si vince la guerra”. Io lo modificherei in “Ma chi ce lo fa fare ad andare in guerra a quasi cinquant’anni, che poi ci facciamo male e devono riportarci indietro a cavacecio?”.
Non ce lo fa fare nessuno. È solo un modo per stare fra le rose, le viole e le promesse disegnate su quei tubetti di crema così graziosi, che profumano la nostra vita da tanti anni: fin dalla prima smagliatura, dal primo brufolo, dal primo acre sudore adolescenziale, che ci sorprese ancor fanciulle. “Perché io valgo”, ma pure perché io voglio e non c’è niente di male.
Un giorno Anna Magnani disse a un truccatore: “Lasciami tutte le rughe, non me ne togliere nemmeno una. Ci ho messo una vita a farmele venire.”
Un pensiero bellissimo, che tutte ci ripetiamo ogni mattina davanti allo specchio, mentre osserviamo il nostro riflesso ancora assonnato, prima di cominciare a tentare di cancellare dai nostri visi tutte le rughe che abbiamo impiegato una vita per farci venire, senza lasciarne nemmeno una. Neanche la cucitura del cuscino che ci si è impressa sulla guancia nottetempo.
Perché il bello delle donne sta proprio nella contraddizione che ci porta ad aggredire, con spatolate di prodotti dalle fragranze tenui, le rughe d’espressione che tanto odiamo, per poi tornare subito dopo con la mente a quel pensiero fastidioso che ogni volta ci fa aggrottare la fronte, strizzare gli occhi e storcere la bocca, creando nuove opportunità alla nostra faccia di raccontare la storia che parla di noi, attraverso un solco impertinente, che rimarrà lì anche quando il pensiero sarà finalmente passato. Non importa.
Con la crema sulla faccia, la crusca nella pancia, il sorriso sulla bocca e un nuovo pensiero nella testa, ce ne andremo all’aria aperta a camminare a passo veloce, per ammirare il paesaggio, ossigenare i polmoni, fare il pieno di vitamina D e tentare di perdere due etti sudando sette camicie, che poi ci toccherà lavare e stirare.

gRaffa

Raffaella Di Girolamo

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