A due velocità

Ci sono due paesi in questo paese e non da oggi, da che ne ho memoria e anche prima, a due diverse velocità: chi arriva e chi arranca, chi entra e chi resta fuori, chi ottiene e chi aspetta, chi si insinua fra ostacoli e regole per gongolarsi di privilegi e chi stenta, staziona nelle anticamere, si impolvera negli scaffali, numero qualunque piccolo a piacere che, comunque lo si consideri – dice la matematica-, si mortifica a posizione insignificante fra un precedente e un successivo.

Non sono classe sociale, provenienza culturale o geografica, questione di destra o sinistra, sud nord, poveri o ricchi, buoni o cattivi a fare la differenza, la discriminante è una, inossidabile all’alternarsi delle stagioni e dei poteri:

la Conoscenza.

Non intesa però come Sapere – che sarebbe già criterio più sano -, non sono il merito, la competenza o l’impegno a tracciare il confine quanto la capacità di intessere relazioni con chi ha potere in quel particolare contesto, l’amico nel giro che conta per quella particolare necessità, che, se opportunamente spronato, interviene, accorcia e risolve.

Per ricevere un finanziamento, una pensione o un permesso, accedere ad un favore o solo ad un diritto, saltare una fila o evitare una multa, iscrivere il figlio al nido o il nonno in ospizio, riscuotere una fattura scaduta, fare una radiografia, passare un esame o solo rinnovare la patente, per spostare una pratica da sotto a sopra, per qualunque necessità si presenti nella vita, ciascuno cerca d’istinto – dicendosene costretto e a volte perfino indignato – il contatto risolutore, amico o amico di amico di amico, che offra l’escamotage per la svolta.

Conosci qualcuno che?  è la domanda di rito a chi forse ci è passato o è solo introdotto nel giro, che non sorprende, indigna o imbarazza né chi la pone né chi la riceve, tutti parimenti convinti che si faccia prima e meglio se il percorso, contrariamente ai postulati geometrici più elementari, non sia rettilineo ad affrontare di petto il punto, ma maldestramente avvitato come il filo in un gomitolo attorno all’ago da cui si diparte.

 

 

Perché? Forse un’essenza malata vaporizzata nell’aria, veleno nell’acqua o un bug nel dna, probabilmente corrotto da secoli di sudditanza a dominazioni aliene, di adattamenti alla corte del momento, di prossimità nell’arte di arrangiarsi, fatto è che un convincimento apriori e generalizzato ci porta a cercare la scorciatoia prima di aver tentato la strada maestra, il santo in paradiso prima ancora di aver chiesto udienza a san pietro.

Figo e stimato non è certamente chi si è sbattuto per ottenere il dovuto ma chi, con le carte in regole per accedere al giro che conta, arriva prima degli altri miseri questuanti in fila e sa vantarsene sciorinando gli invidiabili successi.

Se la colpa fosse davvero di un virus, beh nessuno ne è immune, né quelli che si gongolano del micragnoso potere a cui hanno accesso, né tantomeno quanti gridano al sopruso, il cui tentativo stavolta ha fatto cilecca, costringendoli nello scaffale delle attese infinite, come alla giostra dell’Ottovolante quando il custode dal gabbiotto premia la navicella a fianco.

 

Non esiste una serie A fissa e immutabile, ciascun poverocristo fluttua saltando da una categoria all’altra a seconda delle circostanze, delle necessità e del giro di conoscenze su cui ha potuto appoggiarsi.

E, se è innegabile esista una scala di valori, una sostanziale e netta distinzione fra il malaffare che una tale patologia alimenta e l’innocente mano di aiuto chiesta ad un amico introdotto per facilitarsi la vita, è pur vero che se passa il principio del “giro” dentro cui conviene stare, anche se di volta in volta diverso, uno per ogni attività, necessità o intrapresa, breve diventa il passo alla rete di ammanigliati, oliabili all’occorrenza, che lucrano dello scambio di prebende, sovrapponendosi agli istituti preposti, sempre meno efficienti.

 

Facendo sì che il Potere non stia più nelle stanze istituzionali in cui lo eleggiamo ma si spartisca fra i diversi giri, figli deviati delle corporazioni di un tempo: la famiglia, che garantisce protezioni a chi può dirsene parente sotto la cupola, la casta che assicura privilegi fra gli accoliti, la loggia che annovera vip, politici, banchieri e magistrati, per superare al proprio interno ogni barriera.

 

 

Non è necessariamente così, serve ripeterselo.

E’ una malattia solo nostra credere il contrario, perché fa comodo ad ognuno e paradossalmente, spreca ingenti risorse ed energie di tutti.

Non è dovunque così, esistono realtà – tante nel mondo più evoluto – dove, seppure la corruzione non sia estranea, ancora vige la legge geometrica che non ammette eccezioni per cui la linea retta continua ad essere la strada più breve e diretta per l’obiettivo, più di qualsiasi curva tortuosa le si avviti attorno.

 

Antonio Pizzola

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