“Un tessuto produttivo che manifesta la sua dipendenza dai grandi insediamenti industriali, la difficoltà delle piccole imprese, la sensazione che le cose non stiano migliorando, che l’Abruzzo arretri” spiega Savino Saraceni presidente del Cna Abruzzo.
A determinare le fortune delle esportazioni regionali resta il settore della produzione di mezzi di trasporto, integralmente concentrato nella provincia di Chieti, territorio che da solo rappresenta il 70% dell’intero pacchetto di esportazioni abruzzesi, un incremento di 98 milioni di euro, “anche in questo caso – spiega Ronci – il confronto con dodici mesi fa è negativo: perché allora il saldo tra 2015 e 2016 era stato di 370 milioni.
Disomogenee appaiono le variazioni nelle province abruzzesi, con Teramo sugli scudi con 65 milioni di incremento, seguita da Chieti con un più 37, L’Aquila più 32 e con Pescara fanalino di coda più 7. Quanto alla destinazione, l’export verso i Paesi dell’Unione europea cresce di 25 milioni (+0,6%), e di 116 verso i Paesi extra Ue.
Per i prodotti agroalimentari, l’export passa da 411 milioni dei primi 9 mesi 2016 a 420 dei primi 9 mesi 2017 ottenendo un incremento di 8 milioni di euro. Una aumento in valori percentuali pari al 2,1%, che resta però inferiore al dato nazionale che è stato del 6,4%.
Saraceni prosegue “lo studio rivela come le piccole imprese confermino la loro sofferenza anche in questo ambito, come del resto avviene nell’accesso al credito o nell’uso dei fondi comunitari: strade dove l’accesso è riservato solo ai gruppi industriali”.
L’agro-alimentare, per il presidente Cna potrebbe essere un settore da valorizzare, anche ai fini dell’export, promuovendo il made in Abruzzo, “le risorse pubbliche, vanno indirizzate verso il sostegno alle imprese che restano indietro, che non ce la fanno: se le perdiamo per strada arretra tutto il sistema. I grandi gruppi industriali seguono logiche che poco o nulla hanno a che fare con il territorio in cui sono insediati, i piccoli invece no” conclude Saraceni.
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