Addio a Gigino “Caprice”: l’impresario della mondanità

A qualsiasi ora del giorno e della notte, soprattutto della notte, indossava i suoi Ray-Ban a goccia: uno schermo, più che un simbolo, verso l’esterno. Luigi Di Gregorio, più noto come Gigino Caprice, non era uno che dava molta confidenza: aveva nei confronti della provincia e di Sulmona che la rappresentava, il piglio critico dell’incompreso. E, d’altronde, la città in cui viveva non gli aveva restituito molto per le sue profezie. “Nemo in patria”.

Essere nelle sue grazie, perché magari amico di uno dei suoi quattro figli, apriva però un mondo altro, fatto di racconti e storie d’altri tempi.

Che a sentirlo parlare e raccontare, con quel tono basso di voce e la nostalgia tra i sospiri, si veniva catapultati nel cuore della mondanità e dei miti inarrivabili. Le star della musica e del cinema che avevano frequentato i suoi locali in Costa Smeralda o a Roccaraso (dove aveva creato il mitico Caprice): da Gino Paoli, a Simon Le Bon, David Bowie, fino a Helmut Berger, il pupillo di Luchino Visconti.

Gigino si è spento ieri dopo una lunga e faticosa malattia all’età di 85 anni, chiudendo un altro capitolo di una Sulmona che fu. Perché a Sulmona, pure, aveva dato tanto: a partire dal Gran Caffè che ideò e arredò a metà degli anni Sessanta facendolo diventare il salotto della città e il bar, anzi il luogo, di cui si innamorò Mario Monicelli (molti anni dopo) per girare Parenti Serpenti. Prima che arrivassero “i barbari” a cambiarne i connotati per poi portarlo alla chiusura e nel dimenticatoio.

Uomo di cultura e appassionato lettore, Di Gregorio è stato il pioniere dell’imprenditoria turistica in Abruzzo, intuendo e sfruttando il grande potenziale che Roccaraso aveva sul mercato della “Napoli bene”. E il centro montano, oggi chiamato la Cortina del Sud, deve molto a quell’impostazione mondana che lui portò con il Caprice, probabilmente la sua impresa più riuscita.

L’ultimo saluto al “maestro”, come lo chiamavano molti, ci sarà oggi alle 10,30 nella chiesa di Cristo Re.

4 Commenti su "Addio a Gigino “Caprice”: l’impresario della mondanità"

  1. È molto bello questo ricordo perché in pochi tratti privi di qualsiasi retorica “dipinge” un personaggio tra i più intriganti di quella città. Una città ingrata, soprattutto nei confronti dei suoi figli “migliori”, e Gino ne sapeva qualcosa. Proprio così, “nemo in patria sulmonensis”… Che peccato!

  2. Il gran caffè… bellissimi ricordi di quegli anni quando i nostri figli animavano piazza venti, ritrovo di tutti i ragazzi cresciuti in quella piazza che lui aveva saputo rendere così importante. Da allora il niente. Possa lui riposare in pace.mrs

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