
Una fiscalità di vantaggio, investimenti in infrastrutture materiali e immateriali, il potenziamento di servizi sanitari di prossimità, una legislazione per le scuole di montagna e una mobilità adeguata ai bisogni della popolazione ed alle caratteristiche del territorio. Queste le priorità dettate dalla Cgil L’Aquila per il rilancio delle aree interne della nostra regione colpite da un’apparentemente inevitabile tendenza allo spopolamento e alla desertificazione. “La Provincia dell’Aquila è la più estesa d’Abruzzo – spiegano dal sindacato – un’area interna a prevalenza montana con una bassa densità di popolazione le cui problematiche non possono essere risolte utilizzando lo stesso modello che le ha marginalizzate”. Quello di stampo neoliberista basato “sull’illusione che il turismo bastasse a sostituire un’economia legata all’agricoltura, alla cura del suolo e dei boschi e alla pastorizia”; con la conseguenza di “un sistema rurale, che oggi rischia di morire soffocato dalle grandi corporazioni dell’agroalimentare, dai bassi prezzi dei centri commerciali, dalla grande distribuzione organizzata e dalla concentrazione dei servizi nei grandi centri urbani”.
Ma, continuano dalla Cgil L’Aquila, non è troppo tardi per agire e invertire il trend che nella nostra provincia, nel 2024, ha visto 14 comuni a zero nascite, quasi il 13% dei 108 comuni dell’ambito provinciale. Sempre nello stesso anno, gli over 65 rappresentano il 26,8% della popolazione, il 2% in più rispetto al dato nazionale, mentre gli under 15 solo il 12% della popolazione provinciale. Inoltre, aggiungono, a fronte di un saldo naturale che continua a scendere anche nel 2025, con un -862 registrato tra gennaio e maggio di quest’anno, il saldo migratorio estero, nel medesimo periodo, ha compensato il saldo naturale, aumentando quasi nella stessa misura,+834.
“Eppure – ribadiscono dal sindacato – le aree interne rappresentano un patrimonio di risorse, cultura e identità e sono custodi di biodiversità, tradizioni, comunità coese e potenzialità inespresse, ricchezze dalle quali ripartire se vogliamo rilanciare il Paese”. Attraverso una politica partecipata che investa i fondi europei e nazionali in lavoro, sanità, scuola e mobilità perché “solo con il coinvolgimento di chi vive ed abita nelle zone interne si possono comprendere le reali necessità e i veri bisogni delle popolazioni a cui dare risposta”. Basterebbe po’ di coraggio nelle scelte politiche, continuano dalla Cgil che alle istituzioni rimprovera non solo mancanza di investimenti e programmazione ma soprattutto incapacità di ascolto. “Nei confronti delle comunità resistenti che ancora riescono a vivere nelle nostre aree interne abbiamo un debito da saldare, perché rappresentano un presidio umano per la gestione del suolo e svolgono un’azione di contrasto agli eventi che rischiano di compromettere irreparabilmente le nostre montagne” ricordano le parti sociali. L’invito rivolto allo Stato è proprio quello di ripartire da loro, “dai piccoli comuni che provano a rigenerare i propri territori, con imprenditori e imprenditrici che, con tenacia, riscoprono colture ormai dimenticate, dalle reti civiche che rafforzano identità e culture locali anche con la costituzione di cooperative di comunità e comunità energetiche”. Realtà che però si scontrano, con la mancanza di servizi essenziali, di infrastrutture materiali e immateriali e di una efficace mobilità verso i centri urbani al punto che “non possedere un mezzo di trasporto proprio diventa ulteriore elemento di isolamento”.
É arrivato il momento, ribadiscono con forza le parti sociali, di mettere in campo “programmazione, condivisione, risorse da spendere e idee su come spenderle, snellendo procedure spesso troppo burocratizzate per dare vita a un’aggregazione funzionale che metta insieme energie, risorse e competenze per riattivare le funzioni locali e migliorare la vita delle persone”. E’ questa, concludono dalla Cgil L’Aquila, l’unica strada da percorree per la crescita e lo sviluppo dei comuni delle aree interne.
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