Assunta senza saperlo, sorpresa nel resort fallito

Di essere stata dipendente per due anni e mezzo dello Smeraldo Resort di Raiano, lo ha scoperto solo ieri, quando si è recata all’ufficio di collocamento per certificare la data della sua iscrizione e verificare se il suo futuro datore di lavoro avrebbe potuto usufruire di eventuali sgravi fiscali.
Liana Moca, quarantasei anni di Sulmona, però, nell’albergo a quattro stelle, fallito un mesetto fa, non aveva mai messo piede. Tantomeno dal suo amministratore, Gianfranco Melillo, aveva mai ricevuto uno stipendio e, ha scoperto dopo, neanche il versamento di un contributo all’Inps.
Eppure sulla carta, quella del collocamento, risulta assunta a tempo pieno e indeterminato dal 31 maggio del 2014 al 31 ottobre del 2016: un anno e mezzo quasi di “disonorato” servizio e neanche un badge per fare la furbetta del cartellino.
Come sia finita nel libro “paga” (si fa per dire) dello Smeraldo è la stessa malcapitata ad ipotizzarlo: “Nell’aprile del 2014 – racconta – mi venne semplicemente chiesto di inviare il curriculum perché cercavano personale in grado di interloquire con la clientela straniera”. La Moca, essendo interprete e laureata in Lingue, era la candidata giusta, insomma, per essere assunta come centralinista e front office per gli stranieri o almeno lo era per ottenere i contributi pubblici erogati dalla Regione per il progetto “Lavorare in Abruzzo”, per i quali Melillo è indagato per truffa aggravata e che portarono l’estate dello scorso anno al sequestro dei suoi conticorrente.
“Da allora, dall’aprile del 2014 – continua la Moca – non ho saputo però più niente. Nessuno mi ha chiamata a lavorare e solo ora scopro di essere stata assunta per un così lungo periodo a mia insaputa. Ora chiederò che venga rettificata la mia posizione al collocamento e valuterò se sporgere denuncia per quanto accaduto: di certo io non ho firmato nessun contratto con la Smeraldo Resort”.
Lei, probabilmente, rientra nel gruppo dei “lavoratori fantasma” grazie ai quali due società di Melillo ottennero nel marzo del 2014 un finanziamento di 400mila euro dalla Regione a valere sui fondi Pofse 2007-2013. In cambio del finanziamento le due società avrebbero dovuto assumere trenta persone a tempo pieno ed indeterminato, cosa, scoprirono poi i carabinieri, che avvenne solo in minima parte (solo per sette) e non secondo le condizioni contrattuali imposte dal bando, con dipendenti con mansioni e orari diversi da quanto previsto. Neanche i carabinieri, però, erano arrivati a scoprire che tra gli assunti c’era anche chi neanche sapeva di esserlo.

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