Da due anni è in vigore la norma sulle cosidette “clausole sociali” nei cambi di appalto. Detto in parole semplici, quel principio per cui quando una azienda subentra ad un’altra nello svolgimento di un servizio, è tenuta a riassorbire il personale che prima lavorava per l’espletamento dello stesso servizio ma alle dipendenze del vecchio appaltatore.
La norma, pur se contenuta nel codice dei contratti pubblici (volgarmente detto codice degli appalti), vale sia per il pubblico che per il privato: questo perché la pressione dei sindacati spinse i parlamentari a “forzare” la rigidità della normativa europea che prevedeva esclusivamente il recepimento della direttiva che regola come le amministrazioni pubbliche acquistano beni servizi e forniture.
L’Autorità per la Concorrenza e l’Autorità Anticorruzione, durante l’esame parlamentare dell’emendamento espressero due pareri fortemente contrari alla norma: secondo i due soggetti, imporre al subentrante di prendere i dipendenti dell’uscente -al di là della nobile intenzione di salvaguardare il posto di lavoro- avrebbe drogato sia la concorrenza (perché se io ho dipendenti miei, magari migliori dei suoi, devo prendermi quelli che lavorano per il mio competitor?) sia la trasparenza (se devo riprendermi gente che non voglio, non partecipo).
Nonostante questo la norma fu approvata e la sua applicazione delegata al ruolo di concertazione delle parti sociali. Sulmona e la Valle Peligna hanno avuto a che fare spesso con questi temi: call center, pulizie, servizi amministrativi, museo, mense scolastiche. Sono diverse le “vertenze” su cui si è chiamato in causa il tema della continuità del rapporto di lavoro. Tant’è che molti politici locali si sono spinti a chiedere esplicitamente ed apertamente nei consigli comunali o nei loro programmi amministrativi che venisse apertamente violato il codice degli appalti affidando le commesse ad aziende del posto senza ottemperare agli obblighi di una gara pubblica e contravvenendo così alla legge.
Oggi questo argomento è ad un punto di svolta: l’ANAC, guidata da Raffaele Cantone, ha messo in consultazione pubblica un documento che prelude all’emanazione di linee guida che spiegheranno come le amministrazioni devono garantire l’applicazione del principio sancito dalla legge e come -operativamente- questo diritto si concilia con la libertà dell’imprenditore di affidare il lavoro a persone di sua fiducia. Perché in Italia l’impresa è libera, la proprietà privata è sacra ma nella Costituzione è prescritto che questi diritti economici siano bilanciati dalla loro funzione sociale, che non è sottoposta ma parificata nella scala dei valori e che permette l’intervento dello Stato regolatore qualora sia messa a rischio.
Ma come funziona il meccanismo della consultazione: tutti gli stakeholders (cioè soggetti interessati a vario titolo ad un tema) hanno tempo fino ad un termine fissato in maniera rigida per inviare la propria posizione scritta sul tema in discussione, che è esposto attraverso un documento base sul sito dell’autorità.
Fatto questo passaggio, l’ANAC emana un provvedimento che ha valore di norma secondaria. Cioè deve essere applicato da tutti i soggetti pubblici e non solo da quelli interessati ad una singola vicenda. Mentre il vecchio codice degli appalti prevedeva poi un regolamento, il nuovo codice ha eliminato questo secondo “pezzo” di disciplina, dando invece potere all’ANAC di assumere decisione con valore di norma. Sostanzialmente il regolamento viene meno e tutte le questioni di dettaglio le risolve ANAC man mano che si presentano. Quindi quello che deciderà l’ANAC sarà “legge” (non tecnicamente, più correttamente “regolamento”). Deciderà insomma in che misura chi vince un appalto è tenuto ad assumere gli uscenti e a quali condizioni, se può spostarli in un’altra sede di lavoro, che percentuale costituisce il vincolo e tanti altri aspetti. Che appunto interessano una serie ampia di situazioni appese. C’è da giurarci che da Sulmona molti saranno i contributi che arriveranno all’ANAC in questi giorni e sicuramente altrettanto saranno gli approfondimenti che dal nostro territorio verranno richiesti ai livelli nazionali di rappresentanza di diverse categorie, nel merito delle delicatissime materie che stanno per essere regolate e che cambieranno le vite di molti: lavoratori che non vogliono diventare disoccupati, disoccupati che aspirano a diventare lavoratori, aziende che non vogliono fallire ed altre che vogliono abbassare i prezzi per avere più clienti, amministrazioni che vogliono pagare meno ma far lavorare di più e cittadini che vogliono tasse basse, occupazione nei fornitori della PA al massimo ed efficienza nell’erogazione di servizi pubblici.
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