Capograssi, ‘sta casa (inagibile) aspetta a te

Ripartire dal Premio Capograssi, quello che una volta era il fiore all’occhiello della città. Che vedeva costituzionalisti, giuristi e professori di fama nazionale e internazionale, dibattere a Sulmona di filosofia e diritto, di poesia. Di Giuseppe Capograssi.
A 130 anni dalla sua nascita, il 21 marzo del 1889, questa mattina le istituzioni e a dire il vero solo queste (non una scolaresca presente), hanno reso omaggio ad uno dei più illustri sulmonesi della storia del Novecento e non solo: protagonista della redazione del Codice Camaldoli, professore universitario, poeta e scrittore, autorevole costituzionalista che nella Consulta venne nominato nel dicembre del 1955 dal presidente Giovanni Gronchi, senza mai riuscire però a presiedere una seduta perché la morte lo raggiunse proprio il giorno del suo insediamento (il 23 aprile 1956).
Il sindaco Annamaria Casini ha promesso questa mattina che il Premio a lui intitolato, e che per anni aveva gestito il professor Giuseppe Papponetti, sarà rianimato dopo due anni di silenzio e mancanza di fondi. Ma di strada da fare per ridare dignità a questo concittadino ce n’è ancora tanta da fare. La sua casa-museo, sede della Fondazione, ad esempio, è ancora impraticabile e transennata, senza che gli appelli fatti dall’attuale presidente, Lando Sciuba, abbiano ottenuto riscontro da parte del Comune.
E’ stato proprio Sciuba a ricordare la statura di Capograssi, la sua scelta antifascista (si rifiutò di giurare come professore universitario), il suo attaccamento a Sulmona, i suoi enormi contributi allo studio del diritto e le sue profonde riflessioni poetiche nei Pensieri a Giulia.
Poi la proposta della consigliera comunale Elisabetta Bianchi di organizzare un convegno di studi sul tema della globalizzazione di cui, come spiegava il professor Sergio Cotta già nel 1981, Capograssi era stato preveggente lettore.
Oggi quella corona di fiori apposta sotto il suo busto nell’omonima piazza, davanti al tribunale a lui intitolato, è un segnale, una speranza che ci si augura non appassisca insieme ai fiori stessi.

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