Cresce il fronte del “no” alla legge forestale: Abruzzo presente

Oltre 700 membri raggiunti in meno di 24 ore. La contestazione contro la legge forestale, giunta alle ultime battute (la settimana prossima ci sarà probabilmente la sua discussione in sede di Consiglio dei ministri), si allarga a macchia d’olio e ad avanzare le proprie perplessità sono anche le associazioni abruzzesi come il Comitato TerrA-Territori Attivi. Nato durante l’incendio che la scorsa estate ha danneggiato il Morrone, il comitato peligno ha dato vita, con la collaborazione di esperti e professionisti del settore, ad un movimento che sta crescendo di giorno in giorno. Per veicolare le informazioni proprio ieri ha lanciato il gruppo Facebook “Se i boschi potessero parlare. No al nuovo testo unico forestale”, che in una sola notte ha raggiunto risultati inaspettati: gli oltri 700 membri già menzionati, segno che qualcosa si sta muovendo, che la gente vuole sapere, vuole approfondire. Approfondire ciò che riporta lo “Schema di decreto legislativo recante disposizioni concernenti la revisione e l’armonizzazione della normativa nazionale in materia di foreste e filiere forestali, in attuazione dell’articolo 5 della legge 28 luglio 2016, n. 154”. Su articoli e commi, infatti, ci sono pareri discordanti tra i grandi del settore in Italia che hanno aperto una discussione significativa tra chi lancia l’allarme, perchè a rischio c’è la tutela dei boschi italiani, e chi afferma che il rischio idrogeologico è maggiore nelle aree densamente boschive. Tutt’altro. Ma il tempo è poco.

“Vizi e pregiudizi sul nuovo testo unico forestale” sono finiti tutti in un documento (visionabile sul gruppo) redatto da un gruppo di affermati esperti, inviato al presidente della Repubblica, al presidente del Consiglio dei ministri e a ministri Galletti e Martina, rispettivamente a capo dell’Ambiente e Politiche Agricole Alimentari e Forestali. Quello che si chiede è sospendere l’iter procedurale a favore di un confronto più ampio in modo di arrivare davvero ad una legge equilibrata che alla esclusiva produttività dei boschi, paragonati a semplici “coltivazioni”, possa affiancarsi la più importante tutela degli stessi. “Cosa accadrebbe se la legge venisse approvata?- chiedono da TerrA fornendo delle preoccupanti risposte- Incremento della fragilità di ecosistemi già deboli (dissesto idrogeologico, maggiore rischio incendi); perdita di superfici naturali; maggior inquinamento; urbanizzazione e cementificazione della montagna; eliminazione di una elevata percentuale di boschi italiani, almeno quell’attuale 40% generatosi da terreni abbandonati (ex coltivi e/o ex aree urbane)”.

Anche la Stazione Ornitologica Abruzzese (Soa), insieme ad Ardea, è intervenuta sulla questione evidenziando come la legge abbia al suo interno numerose lacune che non chiariscono la posizione delle aree Sic e Zps scrivendo, anche loro, a governo, ministri e Ispra. Le due realtà associative parlano di “uso predatorio del patrimonio arboreo nazionale a discapito della sua qualità ambientale”, di “tagli selvaggi per favorire la filiera delle biomasse”, di “distruzione del bosco in cambio di non precisati indennizzi e compensazioni che addirittura rischiano di creare ulteriori danni per l’ambiente”. Una proposta “anti-scientifica” che non lascia spazio all’ecosistema bosco, piegato alle logiche interventiste ed utilitaristiche. Solo questione di profitto, denunciano dal movimento congiunto che cresce con l’ausilio di numerose realtà associative e scientifiche del panorama nazionale.

 

 

 

 

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