Definisci Pace

E adesso, sinostrorsi culo a caldo e zecche da cortei, ora che lo yankee che tanto avete strillato infame ha fatto finire i bombardamenti, cos’altro volete prima di tornarvene a testa bassa a rinchiudervi a casa?

La domanda che vaga nell’aria a risarcire quella tensione solo una settimana fa così palpabile riecheggia in ogni pizzo come fossimo al bar dei tossici di Torpigna o in curva sud al derby,  ma senza gol, senza palla, un solo unico squadrone di schiavi nel fango tutti contro tutti.

Rimbalza gaia sui sorrisoni ebeti dei nostri migliori ministri e rispettivi media-megafoni, tronfi a scoreggiare veleno contro piazze e flotille – più estremiste di Hamas -, starnazza Nostra Signora la Premier ormai a un passo dalla beatificazione a WonderWoman.

Di Gaza a questi non gliene fregava un cazzo, volevano far cascare la Meloni ma jè andata male!

Sghignazzano a tanti punti esclamativi sputando sadismo morboso e crasso contro il simbolo (a detta loro) della protesta, la funzionaria Onu Francesca Albanese, in croce come fosse lei la criminale da cui tutto è partito e di cui si condannano l’outfit radical, la maritanza ricca e lo snobismo altezzoso ma mai, manco un rimando, un’ultima pagina, un solo commentatore discuta delle aziende internazionali e nazionali che ha denunciato lucrare sull’occupazione israeliana, Eni in testa, armi, cementi, impianti, energia, attirandosene le ritorsioni.

A chi da’ così fastidio si sappiano quei lucri, nessuno degli accaniti suoi detrattori patri se lo chiede.

Contro flotille e relatrici Onu si allunga via via la schiera di media a pensèr d’elite, pluripartisan e resilienti, pure quelli fino a ieri d’accordissimo con le piazze, che avvertono, quasi a prevenire ulteriori manifestazioni che non saprebbero più giustificare, come la mamma sulla riva adesso basta è ora di rientrare che vi s’arricciano le dita.

Tutti, destri e sinistri, chiusi, ottusi e litigiosi nell’orticello de noantri, come se il mondo sia tutto incentrato su Mamma Melona e i suoi Melonini contro i parassiti rossi della Melanzana.

Nel frattempo nel Mondo, che se ne frega beatamente del nostro orticello:

Che il fuoco sia cessato è una conquista, chi può negarlo, un miracolo che ci solleva dall’angoscia dell’orrore, non possiamo che esserne contenti. E che Trump ne sia l’artefice altrettanto innegabile.

Ma la chiamano Pace, come a lavarsi la coscienza a scorrere del sangue cessato, mentre è solo un contratto stipulato sotto il mantello alleato fra i terroristi di Hamas, improvvisamente promossi a interlocutore referenziato e i giusti di Israele, ovvero quelli che, dalle rispettive sponde, hanno compiuto la strage di israeliani gli uni e gli altri vendicato l’atto con lo sterminio dei palestinesi moltiplicandone l’orrore per cento volte.

Mancava la vittima a quel tavolino, e non è attore secondario: il popolo che, quando si fa la pace, siede di diritto fronte al nemico che l’ha massacrato per ottenerne giustizia, tanto più se ha subito la strage senza averne colpe e dovrà subire l’imposizione delle condizioni pattuite dai terroristi esecutori.

Per chiamarsi Pace, la Palestina, – che è Gaza ma anche quel che resta ai legittimi proprietari della Cisgiordania esclusa dai patti, dovrebbe essere semplicemente padrona delle sue terre, delle sue case, del suo mare, del suo destino. Si chiama Autodeterminazione, insieme alla Libertà i capisaldi del Diritto Universale, quello che l’Occidente si vanta di insegnare al mondo.

Altrimenti è una Spartizione che si ammette di dover perseguire per una supposta inadeguatezza dei palestinesi all’autogoverno: un po’ a Israele, un po’ agli Americani, un po’ agli Arabi buoni e qualche avanzo ai chiwawa europei che scodinzolano dalla ciotola.

Per chiamarsi Pace, soprattutto, manca un requisito fondamentale, che nella normalizzazione americana che tutti acclamano di moda passa per essere un capriccio bohemien, una scusa per fare casino, una morale da radical colculoacaldo:

La Giustizia.

Una stretta di mano a fosse colme non assolve, semmai reclama giustizia. Perché ora la conta dei morti e dei drammi dei sopravvissuti e il catasto del loro niente, affetti, case, botteghe, quartiere, le loro cose (pensate solo a come reagite se vi rigano la portiera dell’auto), a Gaza come in Cisgiordania, chiede conto ai colpevoli e ai suoi complici.

Chi ha ucciso, torturato, bombardato, distrutto, occupato, rubato, impedito, incarcerato, chi si è impossessato di cose e diritti negandoli ai legittimi proprietari, chi ha inneggiato al massacro e chi lo ha armato e appoggiato, chi ha ridotto Gaza in macerie, ciascuno per il suo contributo criminoso, va giudicato dai tribunali contemporanei prima che lo faccia la Storia.

Perché? Perché è cosi che deve essere nel mondo, se non si vuole trasformarlo nel far west dove ogni reato impunito diventa diritto per precedente, pure la vendetta. A cominciare dall’Ucraina, dove sarebbero per coerenza costretti ad accettare qualsiasi condizione russa senza lamentarsene pur di ottenere il cessate il fuoco.

Il Processo di Norimberga alla fine della Seconda Guerra Mondiale si chiuse sancendo due principi da garantire agli ebrei sopravvissuti all’Olocausto: la Restituzione e il Risarcimento.

Restituzione Risarcimento, come si riconobbe ai loro nonni, e così possiamo chiamarla Pace.

E poi, giuro, smettiamo di lamentarci.

Antonio Pizzola

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