La stessa difficoltà oggettiva la devono affrontare gli istituti che svolgono sondaggi elettorali, acronimi di aziende e nomi di sondaggisti entrati nelle nostre vite grazie ai “cartelli” che mostrano puntualmente in talk televisivi di politica o nei telegiornali. I sondaggi però hanno una capacità incredibile di influenzare le nostre intenzioni di voto quindi è giusto anche dargli l’importanza che meritano.
Con una divisione del Paese così composta appare chiaro che è praticamente impossibile per un istituto di ricerca fare un sondaggio attendibile – si stima che un campione veritiero per un collegio sia di almeno 800 interviste. Questo significa che per fare un sondaggio attendibile per i collegi del Senato bisognerebbe fare 92800 interviste (800 per ognuno dei 116 collegi), un numero improponibile che costerebbe una cifra insormontabile per qualsiasi partito o trasmissione televisiva.
Oggi ad esempio sul quotidiano La Repubblica è uscita una stima fatta dal professore Salvatore Vassallo, ordinario di Scienza politica e Analisi dell’opinione pubblica all’Università di Bologna, che incrocia dati raccolti da Swg e risultati delle precedenti elezioni. L’esito che emerge però lascia un po’ basiti. Nella nostra circoscrizione ad esempio alla Camera dei deputati c’è un testa a testa fra Movimento 5 Stelle e Centrodestra entrambi al 34% con il Centrosinistra al 22%, al Senato invece i rapporti di forza cambiano radicalmente – da premettere che il collegio del Senato non è Valle Peligna / Chieti come alla Camera, ma è implementato con il collegio Vasto / Lanciano –, il Centrodestra è al 35 % mentre il M5S cala al 26% al pari di Pd e alleati.
Merito di Antonella Di Nino? Certo non è da escludere, ma pare davvero irreale che fra una camera e l’altra ci sia una perdita di quasi dieci punti per i grillini, forse un errore di calcolo o di battitura che ha condizionato tutta la stima. Andando a guardare altri sondaggi e “supermedie” si scopre che lo scenario è abbastanza diverso. Ad esempio il portale Duetredue riporta il nostro collegio del Senato in bilico, ciò significa che nessuno ha un vantaggio superiore ai 5 punti percentuali.
Materia tecnica che può far girare la testa ai non addetti ai lavori, ma importante perché mantiene una capacità di permeare le intenzioni di voto decisiva. Non dimenticheremo mai i sondaggi delle elezioni del 2006 che assegnavano margini di vittoria, superiori al 10%, all’allora Unione, guidata da Romano Prodi. Quella coalizione vinse poi per poco più di 30 mila voti dando vita ad una maggioranza ballerina che si spense poco dopo. O ancora le elezioni del 2013 dove i sondaggi assegnavano un discreto vantaggio al Centrosinistra di Bersani che invece vinse per soli 100 mila voti senza riuscire ad eleggere lo “smacchiatore di giaguari” premier. Stessi sondaggi che sottostimarono e non poco il partito di Grillo che invece andò oltre ogni aspettativa. Insomma sondaggi sì, sondaggi no sarà il dogma dei prossimi giorni, ma mai come in queste circostanze: “l’unica certezza rimane il dubbio”.
Savino Monterisi
Onestamente penso che i sondaggi siano masturbazioni mentali prerogativa di certi politicanti e giornalisti alla costante ricerca di visibilità da primi della classe. Non riesco proprio ad immaginare un elettore medio influenzato da sondaggi, dei quali probabilmente ignora persino l’esistenza.
Sono altri i fattori di influenza per il voto è molti di questi rientrano nella sfera dell'”informazione schierata e/o orientata” o comunque molto parziale.