Emanuele Verrocchi, sindacalista contro le mafie

È per l’impegno speso nel combattere il potere economico mafioso a favore della legalità che il segretario provinciale Fillea-Cgil, il sulmonese Emanuele Verrocchi, è stato premiato mercoledì scorso a Roma. Si tratta di un riconoscimento di caratura nazionale che affonda le sue motivazioni nel panorama della ricostruzione post-terremoto all’Aquila, il cantiere più grande d’Italia, dove si è reso necessario un controllo e una presenza imponente per individuare infiltrazioni mafiose.

È grazie alle sue denunce che si sono avute due importanti inchieste nel capoluogo abruzzese: “Dirty job” con l’arresto di 7 imprenditori  i quali si erano rivolti al clan dei casalesi per la ricostruzione di edifici privati,  un processo ancora in corso che ha condotto al tavolo di monitoraggio sulla ricostruzione; e  l’inchiesta “Social Dumping” con l’arresto di 6 persone per diversi reati tra i quali reati fiscali e sfruttamento del lavoro di operai rumeni, il processo in questo caso deve ancora aprirsi.

“La mafia ci riguarda. È necessario ammettere che il fenomeno mafie va da nord a sud- spiega Verrocchi-. Con l’incendio del Morrone anche in Valle Peligna si è presa coscienza di questa ombra che ha svegliato tutti dal torpore, finalmente anche qui si è cominciato a parlare di mafie. Fino ad ora in Cgil- ha aggiunto il sindacalista- abbiamo lavorato lentamente e in silenzio”. D’altronde dei campanelli d’allarme ci sono da tempo. “In Alto Sangro lavorano solo imprese edilizie campane” denunciaVerrocchi  che propone, per arginare il fenomeno, un lavoro di formazione ed informazione alla cittadinanza. “Non siamo immuni, le organizzazioni ci sono e coprono tutti i settori soprattutto lì dove c’è una certa fragilità economica”. D’altronde il rapporto Dia nella relazione semestrale al Parlamento è stato chiaro sull’esistenza di un accordo ndrangheta-camorra per spartirsi Abruzzo e Molise finanche nelle zone più remote dell’entroterra come riporta anche la testata online aquilana NewsTown in un dettagliato articolo.

Non resta fuori nemmeno il nuovo business, quello dei migranti “dove girano parecchi soldi pubblici- aggiunge Verrocchi- per la gestione dei centri di accoglienza”. La mafia e le sue ramificazioni attecchiscono nelle zone economicamente deboli, lì dove il lavoro manca, lì dove la sua presenza  risulta paradossalmente “utile” agli stessi abitanti che ne ricavano lavoro. Invece così non deve essere, non dovrebbe. Il lavoro, quello onesto, è un diritto. Ed è per questo che è tra la stessa popolazione che bisogna fare educazione, insegnare a comprendere le eco-mafie (una ipotesi per l’incendio), il caporalato, la situazione dei migranti. Non è semplice, anzi è davvero un sistema molto sottile e complesso. In tutto questo, però, “gli amministratori dovrebbero essere più attivi- conclude Verrocchi-, le amministrazioni sono totalmente assenti su questi temi”.

Simona Pace

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