Furbetti, il Comune “dimentica” le carte in procura

Una pila di documenti richiesti e poi lasciati negli archivi della procura della Repubblica, senza che nessuno li andasse a prendere. Tre faldoni e migliaia di pagine che nessuno, a palazzo San Francesco, a distanza di un anno e mezzo, ha mai letto e consultato allo scopo di prendere eventuali provvedimenti e avviare le misure disciplinari del caso.
Non lo ha fatto la super esperta di controversie e patologie in ambiente di lavoro Sylvia Kranz che pure le valigie da Sulmona le ha fatte alla fine di dicembre scorso (non senza aver incassato il suo compenso), né, finora, il nuovo ufficio per i provvedimenti disciplinari (Upd) che subito dopo, a fine gennaio, si è costituito a palazzo San Francesco.
Il caso dei furbetti del cartellino, lo scandalo che ha messo in una vetrina “sporca” tutta la città due anni fa, è rimasto lì a prendere polvere e tempo. Se le inchieste penale e amministrativa sono andate avanti con la richiesta di rinvio a giudizio di nove persone la prima e il processo (in attesa di sentenza) di diciotto dipendenti davanti alla Corte dei Conti la seconda, il filone disciplinare si è inspiegabilmente, e per certi versi misteriosamente, insabbiato nei meandri di palazzo San Francesco.
Tant’è che l’altro ieri l’Upd, composto dai dirigenti Katia Panella, Francesca De Camillis e Amedeo D’Eramo, è tornato, dopo l’incontro della scorsa settimana sollecitato dal sindaco, a riunirsi e a chiedere formalmente alla procura che fine abbiano fatto gli atti relativi all’inchiesta, se sono stati trasmessi e quando. Perché se una comunicazione ufficiale c’è stata, come sembra, è un mistero (da chiarire nelle sedi opportune) il fatto che di questa non vi sia traccia in via Mazara.
Le date non sono d’altronde cosa di poco conto, perché la legge dice che i provvedimenti disciplinari vanno attivati entro novanta giorni dalla notizia di infedeltà, che per una scuola di pensiero è la semplice diffusione della notizia stessa (quindi a partire dal settembre di due anni fa), per altri dal momento della comunicazione formale da parte degli organi inquirenti al Comune.
Ecco perché è importante capire se la comunicazione di reato sia pervenuta formalmente e quando agli uffici comunali da parte della procura. Di certo c’è che nel maggio del 2017, quando la procura emise i ventiquattro avvisi di garanzia, la Kranz, insieme al sindaco Annamaria Casini e all’allora assessore Alessandra Vella, si recarono a palazzo Capograssi a parlare con il titolare dell’indagine, il sostituto procuratore Stefano Iafolla. In quell’occasione fecero formale richiesta della documentazione agli atti, sulla quale era appunto decaduto il segreto istruttorio con la notifica alle parti degli avvisi di garanzia. La copia degli atti fu fatta in fretta e diligentemente dalla procura, ma da allora, un anno e mezzo fa quasi, nessuno ha più bussato alla porta del secondo piano di palazzo Capograssi a ritirare quanto richiesto. Nonostante nel frattempo siano state fatte le valutazione dalla procura con la richiesta di rinvio a giudizio per nove dipendenti (a maggio scorso) e un processo da parte della Corte dei Conti (a giugno).
Il rischio è che tutte le posizioni disciplinari siano ora decadute, ovvero prescritte e tra queste non necessariamente ci potrebbero essere solo quelle dei dipendenti ancora sub iudice, che cioè sono sotto indagine da parte della procura penale e della Corte dei Conti.
A palazzo San Francesco, insomma, già si gustano i tarallucci in attesa del vino.

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