“Il Covid è un infortunio”, la battaglia della Cgil per gli operatori sanitari

Non una semplice malattia, ma un infortunio sul lavoro: è quanto chiede di riconoscere la Cgil per il settore sanitario. Gli operatori di ospedali e non, infatti, restano i più esposti al virus e non conoscendo le conseguenze sulla salute dei positivi, la semplice malattia, sostiene il sindacato, potrebbe essere penalizzante per i lavoratori ai quali andrebbe invece riconosciuto l’infortunio sul lavoro. “La diffusione del Covid 19 in provincia dell’Aquila ha raggiunto livelli di assoluta gravità. Negli ambienti di lavoro si respira una grandissima preoccupazione tra i lavoratori e le lavoratrici e ogni giorno si registrano nuovi contagi, che nella maggior parte dei casi non vengono neanche denunciati come infortunio e trattati come semplice malattia – scrive la Inca Cgil -. Il lavoro di assistenza e di cura alla persona, l’attività di insegnamento, il lavoro in linea e quello nel terziario, la fruizione degli spazi comuni o dei servizi igienici diventa il luogo potenziale del contagio, che può avere origine ogni giorno nell’ordinarietà delle azioni individuali. Stabilire se il virus sia stato contratto in occasione di lavoro, a casa o in altri luoghi non rientra nei doveri del medico certificatore e tanto meno del datore di lavoro. Pertanto riteniamo che debba essere aperto un infortunio, sempre e comunque in caso di contagio, a prescindere dalla mansione svolta. Un Covid 19 trattato come malattia comune potrebbe lasciare il lavoratore privo di tutte quelle tutele, non solo economiche, garantite da Inail. I nostri uffici sono a disposizione dei lavoratori, che abbiano avanzare la denuncia di infortunio sul lavoro”.

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