
Che qualcosa è cambiato, anzi tornato, lo si capisce già sulla “costa dei Sardi” ovvero via Marselli che, come la strada opposta, via Margherita, cioè la “costa di Ciampichill” (Zampichelli), si porta addosso i soprannomi della città come tratto identitario.
Allo stesso modo quel locale all’angolo tra via Angeloni e via Roma, è da sempre “Il forno di Scattolini”, che acqua e farina lì la infornava già settanta anni fa.
Il profumo del pane ti prende la gola e lo stomaco già a metà della salita, un’impresa per chi, quando ancora non c’erano i Beatles, si avvicinava verso la scuola ospitata a palazzo Sardi. Un pezzo di focaccia o una pizzetta, al forno di via Angeloni era una tappa obbligata: per i ragazzini in pantaloncini o per i consiglieri comunali in giacca e cravatta “quando si tirava fin dopo mezzanotte in Aula – ricorda Mimmo Taglieri -. Andavamo alla fine tutti a mangiare la teglia di pizza appena sfornata”. Maggioranza e opposizione, che in Aula, magari, si tiravano le sedie, ma fuori tornavano ad essere comunità.
Il profumo di pane è tornato in via Angeloni, ad abboccare dalla costa dei Sardi o da via Morrone e via Roma, la gola e lo stomaco dei sulmonesi: dopo otto anni di saracinesche abbassate e odore di polvere, ieri, quell’angolo di un centro che si sta spegnendo, è tornato ad infornare la storia.
Il nome sull’insegna non è più quello di Scattolini, ma “L’arte del pane”, che poi, come nella tradizione dei soprannomi, è e resta il forno D’Alessandro. Nicola, a sessanta anni, ne ha trentasei di mestiere alle spalle, gli ultimi ventisei trascorsi a gettare la pala di legno nel fuoco di Pacentro, ora ceduto ad un imprenditore australiano che lì sta realizzando un resort stellare.
Ma la farina resta farina, l’origine del cibo, la sopravvivenza. Il simbolo di una comunità. Un “arte” appunto, più che un mestiere che, racconta sconsolato Nicola, nessuno vuole più fare: “Non trovo ragazzi che vogliono lavorare – spiega – ne ho provati diversi: uno se ne è andato senza avvertire, ha lasciato anche i vestiti alla bottega. Un altro lo ha aspettato una notte fino all’una e mezza: solo il giorno dopo mi ha detto che la mamma non voleva lavorasse di notte. Questo è un mestiere sacrificato, dove si lavora di notte e si dorme di giorno, lo capisco: anche mio figlio ha preferito andare a lavorare in ferrovia, anziché ereditare l’attività. Ma se non si riscopre la passione, quel che fare il pane significa, al di là del lavoro, presto mangeremo solo roba industriale”.
Per il momento il forno di via Angeloni è tornato a profumare e animare la strada: il capitano di Manaresca porta in dono un fazzoletto del Sestiere, Nicola accetta e ringrazia, anche se lui è militante del Borgo della Tomba.
“Mi vedesse il mio capitano” commenta. Ma il capitano della Tomba è proprio lì fuori: pizzetta e focaccia, anche lui a fare comunità.
Ah si lavora di notte?? Poi ci meravigliamo che arrivano i cd”stranieri” e lavorano…ma i poliziotti gli infermieri gli operai i ferrovieri nn lavorano la notte??
Fai fare al poliziotto, all’operaio e al ferroviere il fornaio e poi vedi cosa scelgono. Un conto è fare una settimana di notte ,oppure una notte con due riposi , ma farla sempre cambia tutto. Auguroni al nuovo forno .
Ho lavorato di notte alla Fiat per anni nn sono morto…comunque voglio vedere se hanno la scelta tra qualche anno
poesia
Bravi e auguri! Vogliamo 10000 di questi esempi
Che le radici della propria terra non si sradicano mai, l’ha dimostrato il sulmonese Mario Verrocchi, magnate della farmaceutica, che ha creduto nel “progetto pane”, ma è grazie alla bravura e soprattutto alla passione di Nicola e Amelia che Sulmona, anche di notte, profumerà di nuovo di buon pane. Bravi ragazzi! Complimenti e auguri.
bravissimi….con tanta esperienza e bravura hai fatto bene…Buon inizio🍾🥂🥂
ottimo, ottimo!