Il voto negato… e rifiutato: solo 8 schede per chi è in quarantena

Otto su circa quattrocento, ovvero meno del 2% degli aventi diritto escludendo i minori. Sono tanti, o meglio pochi, gli elettori della zona peligno-sangrina che si trovano in quarantena a causa del Covid ad aver fatto richiesta per esercitare il loro diritto di voto al referendum che si svolgerà oggi e domani in Italia e relativo alla riduzione del numero dei parlamentari. Numeri imbarazzanti che se non si trattasse di un referendum confermativo, e quindi senza la necessità di raggiungere il quorum, sarebbe già risultato – in proporzione – fallito.
Ma tant’è: sarà che l’argomento non interessa poi tanto, sarà soprattutto che chi si trova in quarantena, che sia positivo o in attesa di verificarlo, sta pensando a tutto meno che al voto. Sarà, ancora, che al danno del virus si aggiunge la beffa, per chi dovrebbe esprimere il voto anche per le amministrative, di poter votare solo per il referendum e non per il suo sindaco. Sta di fatto che i richiedenti scheda si contano sulle dita delle mani.

In particolare delle quasi centocinquanta persone che avrebbero potuto far richiesta a Sulmona (193 in sorveglianza a cui vanno sottratti i minori), una sola riceverà tra oggi e domani la visita del seggio volante; tre a Pettorano sul Gizio (dove si vota, anzi dove votano gli altri, anche per le amministrative) e quattro a Pacentro che si dimostra, anche in rapporto al numero dei casi positivi e in sorveglianza, il paese più civile dell’area peligno-sangrina.


Una direttiva quella nazionale che ha suscitato più di un dubbio di costituzionalità, sia per quanto riguarda il diritto al voto per il referendum, sia per quello alle amministrative.
Per votare al referendum, ad esempio, hanno potuto far richiesta solo quelli in possesso di un “certificato di quarantena” antecedente al 6 settembre, con domanda da presentare tra il 10 e il 15 settembre. Chi si è ammalato o è finito in quarantena dopo è semplicemente stato escluso da un suo diritto.
Peggio per le amministrative, dove il diritto di voto è stato compresso nei fatti a tutti coloro che non si trovano in un Comune con ospedale Covid. Per intendersi ad Avezzano, dove c’è un ospedale e quindi un seggio Covid, sarà possibile per chi sta in quarantena votare sia per il referendum che per le elezioni comunali (anche se in realtà solo in sei hanno fatto richiesta). In tutti gli altri Comuni, invece, il voto per le amministrative non è contemplato e nel Centro Abruzzo si tratta di circa un centinaio persone che, pur volendo, non potranno votare il loro sindaco: a Bugnara, Pettorano sul Gizio, Raiano, Corfinio, Vittorito, Castel di Sangro, Roccacasale, Villetta Barrea, Anversa e Castelvecchio Subequo (paesi cioè dove si vota alle comunali e dove ci sono persone in quarantena). In alcuni di questi centri la vittoria di un candidato su un altro potrebbe essere anche per una manciata di voti: insomma oltre alla compressione di un diritto, si rischia anche di falsare il risultato dell’elezione. Con tutti i ricorsi che potrebbero seguirne.


La decisione di escludere il voto per le amministrative a chi si trova in quarantena è legato a motivi prettamente organizzativi e in particolare per lo spoglio che deve essere fatto in condizioni di sicurezza e che quindi non può essere fatto per poche schede, perché ci sarebbe il rischio di controllo del voto. Il voto e lo spoglio funzionano infatti in questo modo: il seggio Covid di Avezzano (per quanto riguarda l’Abruzzo interno, con quello dell’Aquila che copre il resto della provincia) composto da medici e personale della protezione civile, debitamente protetti e preparati, partirà alla volta delle abitazione degli elettori in quarantena che avranno fatto richiesta. Le schede saranno raccolte ed unite a tutte quelle del “circoscrizione Covid” (Marsica, Valle Peligna e Alto Sangro) e poi scrutinate sempre da personale specializzato. A conti fatti meno di cinquanta schede.

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