In Abruzzo chiusi oltre 5 mila negozi in cinque anni. Confcommercio: “Rilanciare i centri commerciali naturali”

Si dice pronta ad avviare azioni eclatanti contro la nascita di altri insediamenti commerciali della grande distribuzione che rischiano di danneggiare ulteriormente il piccolo commercio già alle prese con una crisi pesantissima. È la Confcommercio Abruzzo che lancia l’allarme sui dati camerali degli ultimi cinque anni, numeri che registrano la chiusura di oltre cinquemila attività commerciali.

“In cinque anni, dal 2019 al 2024, in Abruzzo hanno chiuso definitivamente i battenti oltre 5mila negozi – dichiara Giammarco Giovannelli presidente di Confcommercio Abruzzo – A pagare il prezzo più alto è stato il commercio al dettaglio, che ha fatto registrare una contrazione di 4mila attività, con una perdita di oltre 3mila posti di lavoro. Un dato preoccupante che, unito al proliferare dei centri commerciali, impone una riflessione immediata”. Parole dettate dai risultati del report dell’Ufficio studi della Confcommercio regionale che, per il commercio all’ingrosso, fatta eccezione per autoveicoli e motocicli, registra una perdita di quasi 1200 attività, con un calo occupazionale di circa 800 addetti. Un tracollo che ha colpito soprattutto i piccoli esercizi commerciali di vicinato, dagli alimentari all’abbigliamento, dalle calzature alle attività artigianali, con oltre 4mila chiusure definitive. “Numeri che parlano da soli” sottolinea Giovannelli ricordando che “l’Abruzzo è la prima regione in Europa per i maggiori metri quadrati di grande distribuzione rispetto al numero di abitanti”. Una realtà che risente anche dell’offerta dei centri commerciali delle regioni vicine come il Lazio, le Marche e Molise che creano ulteriori proposte e attrattive per l’utenza. Ma anche, continua Giovannelli, “delle piattaforme on line che continuano a far registrare numeri crescenti a discapito dei negozi fisici e che generano una concorrenza sleale grazie a un sistema fiscale di certo non equiparabile a quello dei commercianti, soprattutto nei piccoli borghi”.

E intanto i negozi di piccole e medie dimensioni continuano a chiudere, luoghi che in Abruzzo “non rappresentano solo una fonte reddituale e occupazionale, ma anche un presidio sociale oggi importante ed indispensabile, soprattutto nelle piccole realtà periferiche, nei centri minori e montani, dove spesso mancano anche i servizi principali”. Una perdita dunque non solo economica quella legata alla chiusura dei negozi al dettaglio per i quali Confcommercio Abruzzo ha già sollecitato i Comuni per “individuare una strategia che consenta di salvaguardare le attività e al tempo stesso, i servizi offerti alle famiglie, agli anziani e alle categoria più fragili”. E nell’ottica di un recupero prima di tutto sociale, Giovannelli rivolge un appello all’Anci Abruzzo “affinché si possano porre le basi per interlocuzioni e programmazioni utili con i comuni abruzzesi interessati” invitando anche la Regione a percorrere la strada verso il rilancio dei cosiddetti “centri commerciali naturali”.

“Stiamo ponendo le basi per redigere uno studio attraverso il Dipartimento urbanistica della Confcommercio Nazionale che – spiega Giovannelli – sottoporremo all’attenzione dei sindaci dei capoluoghi delle quattro province e poi degli altri comuni abruzzesi per una programmazione finalizzata alla convivenza equilibrata e sostenibile tra la grande distribuzione e i piccoli esercizi”. Non una proposta contro la grande distribuzione ma, chiarisce il presidente Giovannelli “i numeri in Abruzzo sono troppo alti per pensare di autorizzare altri insediamenti”. Diversificare l’offerta commerciale, questa la soluzione di Confcommercio Abruzzo per “riportare nei centri storici gli acquirenti, dando slancio e risorse ai centri commerciali naturali e scrivere progetti personalizzati, a seconda delle diverse aree commerciali della nostra regione, che hanno esigenze differenti”.

3 Commenti su "In Abruzzo chiusi oltre 5 mila negozi in cinque anni. Confcommercio: “Rilanciare i centri commerciali naturali”"

  1. L’aspetto più paradossale della misera povertà del ritardo abruzzese è che ci sono ” donne politiche” del territorio che si vantano di aver aperto ulteriormente diversi sportelli bancari in Abruzzo quando in Europa gli sportelli bancari sono stati tutti completamente chiusi ed al posto delle banche ora ci sono negozi o ristoranti di moda. Difatti le banche sono tutte online e le truffe agli anziani non accadono perché i vecchi non sono illetterati a causa del dopoguerra italiano.

    Ugualmente per Fina o l’altra senatrice di Sulmona, che vogliono mantenere aperto il sogno economico dei tribunali ai tempi del 6G . Che pietosa fontamara…

    • Davvero, il mondo a parte che gira al contrario. Se le banche le hanno chiuse dappertutto, in Abruzzo si vantano di aprirle in prospettiva di un ritorno al bel tempo passato della gioventù paesana, senza internet e senza telematica. Che disastro la politica.

      • Giustissimo. Il tribunale idem con patate. Non si comprende più a che servono gli enti minori territoriali con le comunicazioni in tempo reale, se non, ad accantonarci il personale a fine corsa od anche non conforme.

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