In guerra senza armi e alleati

Altro che Villa Gioia, con i 15mila euro e spicci persi e i residenti post Covid spediti all’Aquila a negativizzare la malattia, gli schiaffi a Sulmona, al territorio e in particolare modo alla sua classe dirigente sono stati ben altri negli ultimi mesi. E non tanto e non solo per l’uso improprio fatto dell’ospedale Annunziata, o per le urla tarde e inascoltate sulla San Raffaele, o ancora per l’imbarazzante umiliazione subita sulla vicenda della zona rossa. Perché chi ora, come la sindaca Annamaria Casini, urla al complotto e chiama alle armi, non sembra aver alzato neanche un tantino la voce quando la Asl spartiva i fondi per l’infrastrutturazione degli ospedali in vista dell’emergenza. Niente, neanche un parola abbiamo sentito in sede del comitato ristretto dei sindaci, nello stesso giorno in cui si aggiornava la scheda degli investimenti decisi il 25 marzo: oltre 2,8 milioni di euro all’Aquila, 140mila euro ad Avezzano e appena 60mila euro per Sulmona e Castel di Sangro, che se non fosse stato per la beneficienza starebbero ancora senza mascherine in viale Mazzini. Neanche una parola dalla sindaca, né dalle consigliere regionali del territorio.

Sarà per questo che all’appello ad “armarsi” fatto dalla Casini, dopo “l’ennesimo schiaffo ricevuto”, ha risposto finora, tra gli amministratori locali, solo la consigliera regionale e sindaca di Prezza Marianna Scoccia: una conferma del fatto che la cieca guerra che la sindaca di Sulmona ha avviato nei confronti della Regione e della Asl, è una guerra suicida. Perché in guerra e in battaglia ci si va con strategie ed armi, dopo aver tessuto delle alleanze solide o almeno aver elaborato un piano. Ancor più, poi, se “il nemico” era fino allo scorso anno un amico (che conosce bene cioè il tuo arsenale e la tua consistenza), tanto da sostenerlo e votarlo apertamente a costo, come è stato, di mandare in pezzi la propria maggioranza. Indebolendosi e di fatto affidando armi e corpi al nuovo comando.

Certo gli schiaffi che la Regione sta dando al territorio e più in particolare alla sua classe dirigente, sono di quelli che fanno male, anche a chi non veste la divisa delle truppe cammellate. Ma sono l’effetto di un isolamento politico che la Casini e la Scoccia, versione inefficace dell’equilibrismo politico di cui pure era capace il marito Andrea Gerosolimo, si sono create intorno.
Una sostanziale incapacità a stare sui tavoli del confronto regionale, a giocare di astuzia se non di principio, a far valere le ragioni piuttosto che gli istinti di pancia.
La trama delle alleanze, poi, è il capitolo più disastroso dei “simil-civici” nell’era Marsilio; quella che, nella scorsa legislatura regionale, Andrea Gerosolimo aveva saputo invece abilmente ricamare, assicurandosi prima di ogni agguato, detonatori sufficienti (ovvero tre voti che facevano la differenza) e addestrati.
E invece: la Scoccia si è fatta eleggere senza il consenso della sua coalizione ed è stata subito emarginata sia dalla maggioranza che dall’opposizione, schiaffeggiata, anche lei, dal “suo” presidente Marsilio, come nella vicenda dei test sierologici.


Men che meno ha avuto questa capacità la sindaca Casini che, dopo aver sacrificato la sua maggioranza per votare Marsilio, non ha avuto l’umiltà di cercare sponde a destra o a sinistra, o a destra e sinistra. Ha rotto brutalmente con la consigliera comunale Elisabetta Bianchi che ha un filo diretto con una parte della maggioranza regionale (Liris in particolare), così come ha fatto con Mauro Tirabassi che è il referente di Marsilio sul territorio. Ha ingaggiato scontri violentissimi con l’altra consigliera regionale di maggioranza, la leghista Antonietta La Porta, a limite della rissa.
Non ha mai cercato sponda e condivisione con il suo stesso consiglio comunale, gestendo di fatto in proprio e senza comunicazione la fase emergenziale, senza convocare un solo consiglio o una commissione, limitandosi a due riunioni di capigruppo per dare semplici comunicazioni.
E infine ha mantenuto un rapporto ostile con il Pd e il centrosinistra, negandosi sponde anche nell’opposizione (locale e regionale): ultima, ieri sera, l’accusa alla presidente del circolo di Sulmona, Teresa Nannarone, a cui ha dato della “vanitosa e sciacalla” perché si era permessa di criticare l’approccio politico da lei avuto in questa emergenza.
Non si vince la guerra senza soldati… e senza comandanti.

5 Commenti su "In guerra senza armi e alleati"

  1. Un minuto di silenzio 🤫

  2. ma che davero | 20 Aprile 2020 at 00:59 | Rispondi

    lucida ricostruzione della fine di un territorio

  3. Eppure poco tempo fa da quelle parti ci si vantava di avere l’appoggio di ben 400 amministratori locali; chissà dove sono andati a finire.
    Altro aspetto su cui dovranno riflettere i sulmonesi e un po’ tutta la valle è che fin quando si lotterà solo per avere un posto sicuro in qualche partecipata o pseudo fabbrica oppure in qualche ingranaggio della P.A. il nostro territorio verrà “governato” da alcuni e razziato da altri, e a “noi” resterà solo il fingerci scandalizzati sui social.

  4. Publio Vettio Scatone | 20 Aprile 2020 at 09:14 | Rispondi

    … In nihil ab nihilo quam cito recidimus.

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