Per questo la Corte dei Conti ha condannato Di Cesare, personaggio di rilievo della politica regionale, già consigliere comunale a Sulmona, al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate di 41mila e 500 euro, ovvero a quanto percepito negli anni 2005 e 2006 dal Parco nazionale della Majella e dal Ciapi.
A Di Cesare sono stati in sostanza abbonati i soldi ricevuti prima del 2005 perché è stata riconosciuta la prescrizione, interrotta di fatto solo nel 2010 quando l’Agenzia delle Entrate gli ha contestato formalmente che gli incarichi che ricopriva non erano stati autorizzati dalla pubblica amministrazione e per questo, come da legge, non potevano essere oggetto di compenso, in qualsiasi forma (anche sotto forma di rimborso), senza versare all’Agenzia stessa la quota dovuta.

I giudici contabili hanno però riconosciuto la buona fede di Di Cesare che quei soldi li ha sempre dichiarati al fisco e non ha mai cercato di nascondere i suoi incarichi, tuttavia la Corte dei Conti, pur escludendo il dolo, ha ritenuto “la condotta connotata da colpa grave sotto il profilo di una inescusabile e marcata superficialità”, tanto più che “il soggetto – scrivono i giudici, in considerazione evidentemente anche del lavoro svolto da Di Cesare – aveva e doveva avere la piena conoscenza della materia e cognizione delle procedure”.
Ora l’ex coordinatore di Forza Italia, dovrà restituire all’Agenzia delle Entrate quanto “guadagnato” per la sua attività politico-amministrativa, con tanto di interessi, per un gruzzolo che andrà ad alimentare il fondo per la produttività e fondi equivalenti.
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