Isola Felice, la rivolta dei genitori

La signora arriva trafelata da Chieti poco dopo le 16:00: “Ho appena finito il turno a lavoro, ditemi voi come farò dalla prossima settimana”. La data è quella del primo giugno, quando per delibera l’asilo nido Isola Felice sarà in parte trasferito e, soprattutto, privato del servizio mensa: tutti fuori alle 13:30 anziché alle 16:00 e senza mangiare.

“I bambini mangiano alle 11:30 di solito e all’una già dormono – aggiunge una delle mamme che si sono riunite davanti alla scuola oggi – vorrei sapere chi ha partorito questa geniale soluzione per eseguire i lavori di messa in sicurezza”.

Tanto assurda che loro non ci volevano neanche credere, perché di fatto di comunicazioni ufficiali da parte del Comune ai genitori non ce ne sono state: “Oggi e solo oggi ci hanno convocati ad un incontro con l’assessore per martedì prossimo, due giorni prima del trasferimento – aggiunge una di loro – non si rendono minimamente conto del disagio che ci stanno creando e pensano di poter fare quel che vogliono. Ma non pensano che la gente lavora, che molti non hanno nonni o soldi per assumere una babysitter? E poi i bambini hanno bisogno dell’inserimento nei nuovi locali e ce lo dicono solo ora”.

La cooperativa Nos che gestisce il servizio per conto del Comune, tra mille difficoltà sta cercando di trovare soluzioni alternative e meno traumatiche: una delle ipotesi è quella di chiedere ai genitori un contributo extra di circa 130 euro al mese (che in parte sarebbero coperti dalla minore retta stabilita dal Comune) per coprire privatamente quelle ore mancanti e farsi arrivare i pasti dall’esterno. Ma non è così semplice: i bambini sotto un anno, ad esempio, per legge non possono essere nutriti con cibi che vengono da fuori e poi c’è il problema delle autorizzazioni e delle responsabilità. In base a quale contratto, usufrutto, convenzione, infatti, un privato potrà gestire uno spazio pubblico al di fuori degli orari deliberati dal Comune?

(i sacchi del trasloco)

La questione verrà posta martedì prossimo all’assessore, quarantotto ore prima dell’annunciato trasferimento, mentre alcune mamme propongono la loro di soluzione: “Potrebbero spostarci in via Sallustio dove c’è una cucina – spiega una di loro – e trasferire gli studenti che ci sono ora alla Di Nello. In fondo si tratterebbe solo di un mese, perché a luglio e agosto la materna chiude e noi invece abbiamo bisogno di un servizio prolungato”.

Ma sarà difficile che gli attuali studenti lascino l’edificio, perché, come spesso accade per i lavori pubblici a Sulmona, si sa quando si esce e non si sa se e quando si rientra.

E poi ci sono i centri estivi, le feste di fine anno, i laboratori chiusi: tutto sospeso e in sospeso. Indifferenti ai traumi che gli stessi bambini potrebbero subire e ai disagi delle famiglie.

“Politici e amministratori locali dovrebbero rappresentare soprattutto la parte più debole della nostra comunità, i bambini. Eppure il Comune – commenta Alberto Di Giandomenico di Italica – non riesce nemmeno a prevedere i disagi che derivano dall’interruzione di importanti servizi, almeno ascoltasse le esigenze delle famiglie dei piccoli”.

Come no: “Ci hanno detto che è così e basta e che ci dobbiamo arrangiare – denuncia un genitore, uno dei tanti che oggi si è recato in Comune per chiedere spiegazioni –. Loro devono fare i lavori sennò si perde il finanziamento, come se la colpa fosse la nostra. Potevano pensarci prima a soluzioni alternative, coinvolgendoci da subito. E invece siamo di fronte all’ennesima scuola che chiude e ad un atto che è semplicemente violento”.

 

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