La città sepolta

Travertino o pietra bianca della Majella? Un tema che divide. Da una parte l’aspetto economico, un materiale meno costoso, fredde copertine lucide che stridono con il contesto lapideo, che rivestono con la loro fragilità tutti i nuovi interventi pubblici nel centro storico. Dall’altra parte, invece, c’è la storia locale, la Montagna Madre che si fa Città nelle mura, nei portali, nelle cornici, nei selci delle scale dell’acquedotto o di qualche altro angolo pregiato nascosto nel centro storico. I materiali dunque parlano, esprimono l’immagine della Città, sono una tangibile prova delle scelte che si operano, della loro coerenza e della loro sensibilità.

È così che le strade sono asfaltate per il passaggio delle macchine; i vicoli selciati con il porfido perché scarsamente trafficati; le piazze lastricate perché dovrebbero ospitare persone e non auto in sosta. E sono passati i bei tempi in cui Corso Ovidio era pavimentato con basole che lo differenziavano da tutto il resto, che lo rendevano un luogo in cui stare e non soltanto passare. Poi, con l’avvento del tram, furono sostituite da una nuova pavimentazione a blocchetti quadrati, ruotati a creare una tessitura ad opus reticolatum, quasi a voler richiamare la città nascosta, quella romana sepolta sotto qualche metro di terra. A loro volta però sono stati sostituiti dagli odierni cubetti di porfido disposti ad archetti, indistintamente utilizzati anche per i vicoli, gli slarghi e le piazze. È venuta meno quella gerarchia che in una città, prima ancora di essere rappresentata dalla sua architettura, deve configurarsi negli usi da destinare ai suoi spazi.

Viaggi d’autore. Storie della nostra storia, Giuseppe Di Tommaso, Accademia degli Agghiacciati, Sulmona, 1990
Vecchia Sulmona. Spigolature di archivio e immagini dimenticate, Giuseppe Di Tommaso, Accademia degli Agghiacciati, 1999

Corso Ovidio oggi non parla più, al massimo dice che è una strada per le macchine, con i marciapiedi per il transito dei pedoni e qualche stallo di sosta dove lo spazio lo permette. Eppure l’asse principale del centro storico ne avrebbe di cose da dire, di edifici andati perduti, strade allargate, porte urbane demolite. Pezzi di storia che potrebbero, dovrebbero, essere ricordati, narrati, disegnati. Pietre di inciampo, fasce lapidee, differenziazioni della pavimentazione sarebbero in grado di raccontare una storia perduta che in pochi conoscono, ma in molti sarebbero affascinati nel leggere, contribuendo così a conferire l’immagine di salotto di cui tutti parlano.
Uno dei tratti più salienti e stravolti è Largo degli Orefici, dov’è la Fontana del Vecchio. Il fabbricato di Via Ancona convergeva su Porta Salvatoris. Oltre di essa si presentavano le arcate del secondo braccio dell’acquedotto medievale che piegava verso la chiesa di San Francesco della Scarpa. Di tutto questo non v’è più traccia, anzi la recente riqualificazione ha prodotto un inutile marciapiede su cui confinare indistintamente tavolini e ombrelloni da bar, sedute e fioriere pubbliche.

Viaggi d’autore. Storie della nostra storia, Giuseppe Di Tommaso, Accademia degli Agghiacciati, Sulmona, 1990

Un po’ più a Nord, in Piazza XX Settembre, un secolo e mezzo fa la chiesa di Sant’Ignazio ne occupava più della metà restringendola ad un piccolo slargo, Largo delle Scuole. La sua facciata barocca, quasi a filo con Corso Ovidio, invitava l’ingresso con la scalinata convessa che ne rialzava il piano di calpestio: anche in questo caso non c’è nessuna memoria tangibile.
E dopo l’Annunziata? I portici di tarda epoca fascista, simil quelli di Via De Nino, hanno arretrato, e di molto, il filo della strada e con esso anche la facciata della chiesa della Trinità, rimontata una campata più dietro senza il suo campanile. Brani di città andati perduti in cui fino ad oggi, si spera, sono stati ricavati stalli per la sosta.
Dulcis in fundo: la Città sepolta. Sotto le strade si nascondono ancora mosaici favolosi, spesso ben conservati, delle antiche domus romane che puntualmente rispuntano ad ogni scavo. Largo Salvatore Tommasi è uno di questi ma tutto è stato ricoperto con vane promesse senza pensare a che valore avrebbe arricchire il centro storico e la nuova APU con questi episodi a vista.

Valerio Vitucci

1 Commento su "La città sepolta"

  1. Meno male che dopo però, c’è lei!

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