La discarica “dell’acqua calda”

Qualcuno ha parlato di denunce all’autorità giudiziaria di un presunto privato proprietario dell’area, ma l’operazione condotta qualche giorno fa dalla polizia municipale nel sito dell’ex Covit, in località Santa Rufina, dove sono stati “trovati” rifiuti presunti pericolosi e sequestrata l’area, non ha molto da aggiungere al suo percorso giudiziario. A meno che non si voglia procedere nei confronti del Comune per inadempienza oppure processare uno stesso soggetto due volte per lo stesso reato (cosa che, si sa, non è prevista dalla legge).

Una decina di agenti e tre autovetture impegnate per tutta la mattina, sono serviti in realtà a fare quello che era stato fatto già da anni. Il sito in questione venne già sequestrato nel 2007 e ancora nel 2017 dal corpo forestale dello Stato, ci sono state già sentenze di condanna nei confronti dei proprietari, tanto più che si tratta di una società in liquidazione (e quindi affidata ad un curatore).

Dal 2010 il sito ex Covit è formalmente censito tra quelli da bonificare e la presenza di rifiuti, con l’indicazione della tipologia e della quantità, è già nella prima mappatura del Mad (mappatura aree degradate) del 2016 e confermata in quella dello scorso anno, quando cioè venne aggiornata la “mappa della vergogna”.

L’ex Covit rientra infatti tra i tre siti industriali dismessi censiti (insieme a Santa Lucia e alla Domus Lavori lungo la strada di Introdacqua) nel Mad ed è stata già oggetto di formale diffida nei confronti del Comune per la sua bonifica.

Con codice S9002 ha già avuto una caratterizzazione dei rifiuti abbandonati nel 2012 e nel 2013 è stata segnalata al Mise. E’ stato anche stimato il costo per la sua bonifica che ammonta a 469.700 euro, con un indice di priorità 2, ovvero dopo Santa Lucia (che ha indice 1).

Nella relazione stilata dalla Ecogest lo scorso anno per conto del Comune, si legge, a proposito di questo sito, che è “in attesa di un approfondimento di indagini ambientali e sblocco ed avvio delle attività di ripristino; sostanzialmente fermi dal 2016”.

Non solo, la società indica anche quali sono le cause di questo stallo: “Tra le cause, oltre a quelle burocratiche sopra evidenziate – si legge nella relazione -, è mancato anche un raccordo più stringente tra i tre settori chiamati in causa: tecnico, amministrativo e giuridico. Tale accordo è necessario per porre in essere tutte le attività necessarie ad istruire in tempi rapidi le pratiche e ad assumere tutti gli atti necessari a portare a definizione i siti in questione”.

Non si capisce, dunque, che senso abbia avuto questa operazione di polizia, anche concessa al comandante l’attenuante di essere nuovo in città: “Il sequestro è precauzionale – spiega il maggiore Massimiliano Giancaterino – perché basterebbe un incendio per provocare un disastro ambientale”.

Così è da una quindicina di anni, anzi secondo il rilievo del Mad, i rifiuti su questo sito sono diminuiti tra il 2016 e il 2021. O almeno non sono aumentati come nel caso di Santa Lucia. Magari la ridondante segnalazione potrà servire ad inserirlo nell’elenco dei siti regionali da bonificare o, chissà, finalmente a far parlare tra loro quei tre livelli amministrativi citati dalla Ecogest.

Questa sì, sarebbe la scoperta “dell’acqua calda”.

2 Commenti su "La discarica “dell’acqua calda”"

  1. Tutto detto mamma mé

  2. To’ qualcuno che fa il giornalista

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