La “lavatrice” della camorra

Sono cinque i capi d’imputazione contestati a Luca D’Alessandro, il trentottenne di origine napoletana arrestato l’altro giorno a Campo di Giove nell’ambito dell’inchiesta “Affari di famiglia”. Riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori e associazione mafiosa, i reati contestati, tutti con “l’aggravante di aver commesso il reato al fine di poter agevolare l’attività dell’associazione di tipo mafioso denominata camorra – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare – con articolazioni territoriali operanti oltre che in Campania, a Roma e nelle regioni settentrionali”.
Un ruolo subalterno ma non secondario il suo, secondo gli inquirenti, al clan dei Senese con il quale aveva rapporti diretti, occupandosi di pagare le cure (odontoiatriche) alla “famiglia” in carcere e con comunicazioni dirette con Vincenzo Senese, figlio del boss Michele Senese detto ‘O Pazz.


A lui e al suo socio occulto, Alessandro Cosentino, d’altronde, la Direzione distrettuale antimafia, contesta di aver gestito la partita più consistente del riciclaggio di denaro sporco in questa inchiesta: almeno 1 milione di euro (ma dalle intercettazioni i camorristi parlano di 1,5 milioni) ricevuto da due conti correnti svizzeri e trasferiti nelle casse della società ITB, con sede legale a Milano, intestata ad un prestanome, ma di cui i due soci occulti (Cosentino e D’Alessandro) avevano di fatto il controllo (tanto che i relativi conti erano stati aperti a Napoli). Un fiume di denaro, proventi di attività illecite come traffico di droga, estorsioni, rapine e usura, che D’Alessandro aveva messo “in lavatrice” per poi restituirlo in parte alla “famiglia”, con non poche difficoltà avendo le grosse transazioni eseguite fatto scattare già un’ispezione bancaria contro il riciclaggio.
D’Alessandro, che si trova ora agli arresti domiciliari nella frazione di Bagnaturo di Pratola a casa della attuale compagna, si era trasferito in Abruzzo un paio di anni, aprendo due attività di ristorazione a Campo di Giove e interessandosi all’acquisto di un noto albergo (trattativa poi non conclusa). Ultimamente si era adoperato anche per aprire attività commerciali a Sulmona e a Pratola.

2 Commenti su "La “lavatrice” della camorra"

  1. Cacciamo fuori questa teppa, svegliamoci! una volta entrati non li cacci più fuori perché hanno gli stessi diritti di un onesto cittadino.

  2. daniela senepa | 9 Luglio 2020 at 15:10 | Rispondi

    Solo una riflessione: quando la criminalità organizzata “entra” nei territori, lo fa con coperture locali. Sempre. E dovunque. Ergo…

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