È su questo che lo studio dei geologi si muove per la ricerca di un qualche dato che possa fornire gli elementi per prevedere in qualche modo il terremoto, cosa al momento impossibile anche se esistono un buon numero di precursori sismici tra i quali, appunto, la lunga assenza di un terremoto in zona sismica.
In questo senso lo studio pubblicato sul Nature Scientific Reports ad opera di Barberio, Maurizio Barbieri, Andrea Billi, Carlo Doglioni e Marco Petitta (parte dell’università La Sapienza di Roma, del Cnr e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) rappresenta un buon passo avanti. Così come prosegue anche lo studio di Giampaolo Giuliani basato sull’innalzamento del radon dalla crosta terrestre con l’avvicinarsi di un movimento sismico; Giuliani che per questo lavoro è stato denunciato, poi assolto, per “procurato allarme”.
Nel caso del giovane studioso Barberio, invece, il suo studio si è concentrato sullo studio dei pozzi. Il ricercatore, come riporta in un articolo la testata abruzzese Prima Da Noi, dal 2015 si è recato una volta a mese nelle sorgenti idriche dove a 3-4 chilometri si sono infiltrate acque profonde e quindi più acide, cariche cioè di molti elementi che potrebbero variare in concomitanza con le scosse. Da fare, ora, resta il costante monitoraggio per lunghi periodi.
S.P.
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