La tregua e la tensione del contagio

Di fatto ieri è stato il primo giorno di tregua reale, senza contagi accertati. In quel bollettino quotidiano che ormai da quasi un mese è diventato di “guerra”. Il primo giorno che ai tamponi processati non corrisponde un segno più, perché le altre tregue finora sono state dovute solo all’assenza di tamponi. Non sappiamo, ed è certo presto per dirlo, se questo sia un segnale di tendenza, se il fronte, anzi i fronti, del virus, siano stati davvero circoscritti. Lo speriamo un po’ tutti, senza farci troppe illusioni e guardando, dopo un mese e più di trincea, a questa pandemia anche con occhi diversi.
Il basso numero di ricoveri e la quantità di asintomatici, in fondo, ci fanno guardare al Covid oggi con occhi meno spaventati di sei mesi fa, ma guai a tutti noi a sottovalutare la situazione.


La rabbia e la protesta dei commercianti per l’ordinanza anti Covid è senza dubbio comprensibile: rinunciare ad una settimana di incassi in un contesto economico già in forte affanno non è cosa facile da digerire e d’altro canto le restrizione imposte difficilmente si conciliano (almeno le chiusure anticipate) con l’origine dei focolai. Ma da qui a sostenere che il “Covid non esiste” o meglio che la quantità di contagiati è bassa rispetto alla popolazione, non è né utile, né corretto. La Valle Peligna ha oggi oltre il 30% dei casi positivi di tutta la regione (il 30,8% per la precisione), ovvero 168 su 544 casi. La velocità e frequenza della curva è stata nelle ultime settimane impressionante e inarrestabile, come in nessuna parte d’Abruzzo da giugno in poi.

(ph. OneshotLive)


Dopo quasi quattro mesi di contagi zero (da metà aprile ai primi di agosto) la tensione emotiva e comportamentale si è evidentemente allentata e nell’ultimo mese e mezzo abbiamo dovuto forse riappropriarci di quella tensione. Del pensiero di indossare la mascherina (resa obbligatoria) e di sanificarsi le mani spesso, del parlare con le persone, anche con i parenti stretti, ad una certa distanza, di tornare a non fidarsi neanche di se stessi.
E’ un esercizio utile di convivenza con il virus a cui dobbiamo abituarci, perché, inutile nascondersi e negarlo, la riapertura delle scuole tra poco più di dieci giorni riporterà a rischi alti di nuovi focolai e maggiore sarà la capacità di ognuno di reagire e agire, minore sarà la possibilità che il virus dilaghi.


Da soli, certo, non ce la si può fare, ecco perché parallelamente alla coscienza del pericolo, deve esserci un servizio sanitario efficiente ed efficace.
Ieri al coro di richiesta di aiuto si è aggiunto il movimento di Sulmona Bene in Comune, che si dice “preoccupato e indignato per la lentezza e la scarsa convinzione con cui la Asl sta affrontando il problema della diffusione della pandemia in Valle Peligna”. Una disattenzione che secondo Sbic è dovuta anche e soprattutto alla scarsa forza politica che ha la sindaca di Sulmona in ambito regionale e a quel peccato originale con il quale si è dato il via libera al declassamento dell’ospedale Annunziata ad ospedale di base. “A proposito di politiche sanitarie – conclude Sbic -vorremmo capire fin d’ora come viene declinata in Regione Abruzzo e  in Valle Peligna la scelta di puntare sulla medicina di territorio, quali iniziative l’amministrazione comunale di Sulmona ha in programma per ascoltare le necessità e le proposte dei medici di base e delle strutture territoriali”. 

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