Portar le borse

Proviamo per un attimo a cambiare argomento, vi prego. Discorriamo della primavera ormai vicina, discettiamo dell’imminente Pasqua così bassa, argomentiamo sul perché non ci siano più le mezze stagioni.
Ci sono tante cose di cui si potrebbe parlare quando, incontrandosi per caso, occorre riempire i dieci secondi canonici, per non risultare aridi e maleducati.
Sì, è vero, la politica è importante, la REPUBBLICA è “cosa pubblica”, il male, se è in COMUNE, non è mezzo gaudio e lo STATO dei fatti non cambia da solo, se non facciamo qualcosa per migliorarlo.
Alcune cose, però, cambiano anche se ci impegniamo al massimo per mantenerle immobili nel tempo.
I nostri visi, ad esempio, nonostante i goffi tentativi di mummificarli e paralizzarli in una sorta di adolescenza eterna e priva di brufoli, si ostinano a modificarsi di mese in mese ineluttabilmente.
Vi ricordate come era facile a vent’anni? Un colpo di spazzola, un po’ di profumo ed eravamo pronte per conquistare il mondo.
Ma a chi la raccontiamo questa menzogna? Anche quando avevamo vent’anni la nostra crema preferita, di cui non potevamo proprio fare a meno, non era quella da spalmare sul pane; anche allora odiavamo i nostri capelli e, prima di uscire, ci guardavamo sempre insoddisfatte allo specchio.
Non ci vedevamo mai abbastanza carine. Abbastanza per chi? Per cosa?
Altro che carine: eravamo meravigliose e non lo sapevamo. Nessuno riuscì a convincerci allora.
E venne il tempo che mangiò gli anni, che spense entusiasmi, che accrebbe esperienze e imbiancò il crine, da coprire con la tinta che al mercato mio padre comprò.
Ogni volta che mi fate la “spassosa” battuta della portaborse, io penso alle mie di borse. Perché nella vita ci sono tante cose da combattere, mica solo le ingiustizie, i soprusi e la corruzione!
Io mi impegno e lotto tutti i giorni per l’abrogazione dei segnacci sotto gli occhi.
Contrasto il crollo delle borse. Probabilmente ho un’allergia: le palpebre mi prudono, si gonfiano e si screpolano. Ho sempre sonno e mi addormento qua e là, dove capita.
Sono allergica al tempo che passa: più passa il tempo e più mi prudono gli occhi.
Pare che non esista vaccino in grado di calmare i sintomi di questa forma allergica, gli esperti dicono che può colpire tutti gli adulti, uomini e donne indistintamente, nessuno è immune. L’allergia si manifesta inizialmente con sintomi blandi, che si acuiscono anno dopo anno, inesorabilmente fino a cento.
Allora i giornalisti ci verranno a intervistare, chiedendoci come siamo riuscite a vivere così a lungo.
-È bastato non morire prima! risponderemo dall’alto della nostra saggezza.
Il fatto è che il tempo passa, ma noi siamo troppo impegnate per accorgercene.
Poi un giorno, all’improvviso, cominciamo a odiare essere fotografate, a stare scomode nei vestiti e a provare più piacere nel guardare il mondo, che nel tentare di metterci al centro di esso.
Ci arrabbiamo quando qualcuno ci dice che non abbiamo rughe: noi vogliamo sentirci dire che abbiamo rughe bellissime.
La bugia che un’amica gentile ci racconta: -Sembri una ragazza!
non riesce più a farci sorridere, perché non vogliamo sembrare ragazze. Vogliamo che sia apprezzata la donna che siamo diventate con tanta fatica.

Scusate la divagazione, torno a rispondere alle vostre domande.
Sì, è andato tutto bene: sono la sorella di una Senatrice. No, non faranno alleanze. Sì, siamo tutti molto felici e orgogliosi. No, lei non è una magnona ed è evidente. Sì, è molto giovane. No, non ha esperienza: è la prima volta che è Senatrice. Sì, farà del suo meglio, vedrete che non vi deluderà, pur essendo giovane e Senatrice per la prima volta. No, non conosco la sua busta paga. Sì, dovrà andare spesso a Roma. No, non le farò da portaborse: è giovane, può portarsele da sola le borse. Io continuerò a pensare alle mie, che diventano sempre più grandi per colpa di questa maledetta allergia.

gRaffa
Raffaella Di Girolamo

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