
La sua preferita è alla Carbonara, “anche se la qualità della pasta la si capisce assaggiandola senza condimento”. Agostino Masciarelli, 48 anni, d’altronde, tra semola e spaghetti ci è nato e cresciuto. E non solo lui: il pastificio che dirige è ormai alla quinta generazione consecutiva, l’unico al mondo ad avere una così lunga tradizione tramandata di padre in figlio, da almeno il 1867 quando Raffaele Masciarelli, all’età di 28 anni, dice un documento nell’archivio dell’anagrafe di San Martino sulla Marrucina, nell’andare a registrare la nascita di suo figlio Marco Aurizio, dichiarò di fare come professione il pastaio.
Dal chietino in Valle Peligna, però, la famiglia Masciarelli si è trasferita da quasi un secolo, a Pratola Peligna, dove ha continuato a produrre pasta artigianale che vendeva fino a poco più di venti anni fa in un garage vicino alla stazione. “A quei tempi la pasta si vendeva sfusa – ricorda Agostino – e spesso non si pagava con le lire, ma con il baratto. Ricordo che mio nonno Agostino rimproverava mio padre perché nella bottega, a volte, c’erano più fagioli che sacchi di pasta”.



Nel 2003, poi, il grande passo: Orazio Masciarelli, padre di Agostino, dopo aver rilevato tre anni prima le quote societarie dal fratello Concezio, acquista un appezzamento di terreno in via Enopolio a Pratola Peligna e tira su un capannone nel quale trasferisce l’azienda: nuovi macchinari, nuovi spazi, un punto vendita, un’area per la produzione, una per gli essiccatori e una per il confezionamento e lo stoccaggio. Un investimento da 2 miliardi lire, “che fortunatamente facemmo ancora in lire”, che rivoluzionò l’impostazione produttiva dell’azienda, che comunque resta sostanzialmente e convintamente di impronta artigianale.
“La nostra è una produzione lenta e artigiana – continua Agostino – e il segreto della qualità del prodotto è tutto qui. Tempo ed esperienza. Non mi interessa fare il salto industriale, anche se in molti me lo hanno proposto e suggerito, perché i tempi dell’artigiano, a differenza di quelli industriali, fanno la vera differenza in questo settore. A partire dai tempi di essicazione: la nostra pasta resta negli essiccatori almeno due giorni ad una temperatura di 40-45 gradi. L’industria essicca in 4-5 ore a temperature molto più alte, alcune oltre i cento gradi. Così riescono a produrre di più, ma la qualità del prodotto ne risente notevolmente, perché l’impasto perde il glutine e le proprietà nutrizionali. Il sapore diventa neutro, quasi sterilizzato”.



Non è solo questione di tempo e temperature, ma anche di lavorazione: “La pasta più la lavori, più si sglutina – spiega – per questo noi utilizziamo una trafila in bronzo circolare dove l’impasto, che arriva direttamente dal silos di semole, scende a caduta, senza stressarsi”.
Nel mostrarci la catena di produzione, Agostino quasi accarezza il prodotto che dal macchinario va poi appeso agli stendini che andranno negli essiccatori: “Bisogna stare attenti anche agli sbalzi termici e al taglio – spiega – le curve degli anelli, ad esempio, restano più umide perché poggiano sulla macchina. Quando le tagliamo le facciamo asciugare, altrimenti di inacidiscono, e poi ci facciamo la pasta mista”.


L’arte, insomma, vale quanto i “colori”: le materie prime. “Utilizziamo semola principalmente di provenienza locale e comunque al cento per cento da filiera italiana controllata – ci tiene a precisare – una miscela di grani selezionati, lavorata con l’acqua di Pettorano sul Gizio, il che ci consente di utilizzare il marchio del Parco nazionale della Maiella, e aria incontaminata”.
Con i prodotti del territorio Masciarelli lavora molto, anche per conto terzi: contadini che gli portano le loro farine, la solina, senatore Cappelli, farro, e poi con gli esperimenti, come la pasta al peperone dolce di Altino. “L’idea mi è venuta dopo essere stato al Festival dedicato a questo prodotto autoctono del chietino – racconta – un peperone buonissimo che ho pensato di utilizzare per il 3% nell’impasto. Ne è uscita una pasta eccellente, anche se costosa. Ma d’altronde noi puntiamo alla qualità, non ai numeri”.



Oggi la Masciarelli produce 60 quintali a settimana di pasta, circa 2500 quintali l’anno, che distribuisce in tutto il mondo, ma non a tutti. “Non siamo presenti nella grande distribuzione, se non in qualche supermercato di amici – spiega – non riusciremo comunque a garantire i rifornimenti. E a dire la verità neanche ci interessa. Forniamo piccole botteghe, importatori selezionati e ristoranti stellati. Il nostro prodotto, d’altronde, costa quasi il doppio di quelli industriali”.
Agostino chiede un minuto: sul suo computer è appena arrivato un ordine dall’Inghilterra, uno dei tanti che oltrepassano il confine. “Esportiamo in Russia, America, Cina, Giappone, Canada e in tutta Europa: dall’Inghilterra, alla Danimarca, la Svezia, la Lettonia – interviene la moglie Chiara che nell’azienda salta con disinvoltura dal punto vendita, ai conti, al confezionamento del prodotto – si tratta perlopiù di ordini piccoli, destinati alle botteghe specializzate o ai ristoranti stellati”.



Masciarelli, d’altronde, è l’unico pastificio abruzzese ad essere presente nel menu di Eataly e vanta, tra leggenda e realtà, l’invenzione dello spaghetto alla chitarra: “Si dice che la pasta alla chitarra sia nata da un errore – racconta Agostino – ovvero dal fatto che proprio a San Martino sulla Marrucina misero per sbaglio sul setaccio della polvere da sparo la sfoglia di pasta e ne uscì il cosiddetto carraturo. La mia famiglia era l’unica a fare la pasta al paese”.
Un destino segnato, insomma: “Ho iniziato a lavorare nel pastificio a quindici anni – spiega – e non ho mai pensato di fare altro nella vita. Questo è un lavoro che faccio con passione, che ho imparato facendo la gavetta vera. La passione per il lavoro è fondamentale e oggi non è facile trovarla nei giovani. E’ incredibile come per loro sia tutto dovuto, nessuna voglia imparare. Trovare manodopera e apprendisti è davvero difficile. Io ho come riferimento mio padre che, oggi, ad ottanta anni, è ancora il primo ad entrare e l’ultimo ad uscire”.


In azienda lavorano in cinque, più gli stagionali, due o tre, che vengono presi soprattutto durante le feste, quando gli ordini per i pacchi regalo schizzano. “Spazi di ampliamento del mercato ci sono, se producessimo di più, venderemmo di più – continua Agostino – ma non me la sento di aumentare la produzione, perché non sarei più in grado di controllarla direttamente e ne potrebbe risentire la qualità del prodotto. Un artigiano non delega”.
Il fatturato, d’altronde, non è irrisorio: circa un milione di euro l’anno, che garantisce alle famiglie che lavorano in azienda una vita confortevole: “Questo in verità mi preoccupa un po’ – continua Agostino – perché le mie due figlie, che hanno sedici e tredici anni, non mi sembrano per niente attratte dal mestiere. Io alla loro età avevo già le mani in pasta, non ho avuto neanche la possibilità di ragionarci sopra, di pensare ad altre scelte di vita. Però c’è ancora tempo per loro”.


Agostino sa, in qualche modo, però, che la sua non sarà l’ultima generazione di pastai: la passione che lui e la moglie Chiara mettono in quel che fanno, è sicuro, contagerà i figli prima o poi e la Masciarelli segnerà anche la sesta generazione.
“Magari impareranno a bilanciare un po’ di più la vita privata e il lavoro – confessa Agostino – il lavoro mi prende sempre troppo e anche quando mi impongo di trovare spazi per me e la mia famiglia, spunta sempre qualche cosa da fare”.


Non lo dice con rassegnazione, ma con speranza. Perché in fondo, mentre ci accompagna alla porta, ci mostra fiero le fotografie e i ritagli di giornale del passato, mentre in una busta mette qualche pacco di pasta. Non per un semplice omaggio, ma perché vuole condividere con noi il frutto del suo lavoro.
Domani è festa a Pratola Peligna, dopo la sanificazione dei macchinari, lo attende la festa e un piatto di Carbonara.

Complimenti… e i migliori auguri ad Agostino e alla sua famiglia per la grande passione, dedizione e attenzione per il loro lavoro… e nel contempo un GRAZIE per il rispetto verso il consumatore finale, per un prodotto di qualità.