Le sudate mimose

L’Istat ha smesso di pubblicarli da un anno e mezzo e alla Regione, la commissaria alle Pari Opportunità, ammette che non ce li ha neanche lei: “Manca una rete” dice. Basterebbe questo per comprendere come la pioggia di mimose che oggi travolgerà social e pubblici editti, sia solo pura retorica. Perché senza dati, non si hanno neanche gli strumenti per comprendere e affrontare il problema, se di problema si tratta: quello della parità di genere.

L’8 marzo, giornata internazionale dei diritti delle donne, non è più, per fortuna, la festa frivola di qualche decennio fa, quando bastava uno spogliarello all’Apocalyps e una cena tra amiche per sentirsi emancipate.

Questo anche e soprattutto in Abruzzo dove le donne, in particolare le giovani e le artigiane, sembrano aver preso salde le redini imprenditoriali. Gli unici dati aggiornati, infatti, li fornisce oggi Confartigianato secondo cui l’Abruzzo è prima nel ranking in Italia per giovani imprese femminili e prima per imprese artigiane femminili. E ancora terza a livello nazionale per imprese al femminile totali e terza per imprese femminili a conduzione straniera.

In particolare le imprese in rosa in Abruzzo sono 38.473, ovvero il 25,7% sul totale delle imprese, con una prevalenza nella provincia di Chieti dove, con 12.813 partite Iva, le donne coprono il 28,4% del mercato imprenditoriale (terzo posto nel ranking italiano). Seguono Teramo con 9.157 imprese pari al 25,2% (ranking al posto 21), L’Aquila con 7.512 e il 24,7% (ranking 25) e Pescara con 8.991 che rappresenta il 23,9% delle imprese (ranking 33).

Un dato che cresce quando viene applicato il filtro dell’età: le giovani imprenditrici in Abruzzo sono quasi una su tre dei loro coetanei, ovvero 3.767 (il 9,8% di quelle femminili in regione) e il 30,6% sul totale delle imprese giovanili che gli vale un ranking da numero 1.

La provincia di Chieti è quella ad avere anche qui il risultato migliore: 1.086 imprese di giovani donne che sono relativamente poche rispetto al totale in rosa (l’8,5% e un ranking da 102 in Italia), ma che sono tante sul totale delle imprese giovanili dove rappresentano il 32,6% (ranking 5).

Nella classifica nazionale c’è poi la provincia di Teramo con un ranking 18 sul totale delle giovani imprese (il 30,5%) con il 9,8% delle imprese al femminile (896, 72esima in Italia); Pescara con ranking 29 (29,8% del totale dei giovani) con il 10,8% (975 aziende, 47esima nella classifica nazionale) del totale femminile e infine L’Aquila che ha la stessa percentuale sul totale delle imprese al femminile con 810 aziende (al 48esimo posto italiano) e con ranking 38 (il 29,3%) sul totale delle imprese giovani.

L’Abruzzo si piazza molto bene anche per imprese femminili a conduzione straniera, ottenendo il terzo posto in Italia sul totale delle imprese straniere (il 30,9% sono al femminile) e il nono posto sul numero delle imprese femminili totali (12% con 4.630 imprese). A livello provinciale c’è Chieti con il 33,7% (1.173 imprese) al nono posto di ranking nazionale, Teramo al 12 di ranking con il 31,9% sul totale e al sesto di ranking sulla percentuale delle imprese al femminile (1.551 pari al 16,9%), Pescara al 21 di ranking (28% sul totale delle aziende straniere e 13,4% sul femminile) e L’Aquila al 25esimo posto con il 28% sul totale delle aziende straniere e il 9,3% (698) delle aziende al femminile.

Donne che sono in Abruzzo soprattutto artigiane: primo posto nel ranking nazionale (il 21,7% delle imprese totali) e 12esimo sul totale delle imprese femminili (ovvero 6.262 pari al 16,3%).

In questo caso è Teramo a prendersi il primato con un ranking di 2, rispetto al terzo posto di Chieti e al quinto di Pescara, mentre L’Aquila scivola al 18esimo.

Negli ultimi venti anni, in particolare, l’Italia ha fatto passi da gigante, anche in termini di occupazione femminile, sempre più dietro, però, del resto d’Europa: in Italia oggi lavora in realtà solo il 49% delle donne e venti anni fa erano dieci punti percentuale in meno, comunque sempre poche rispetto ad altri Paesi (il 73,2% in Germania, il 73,9% in Olanda, il 55,7% anche in Spagna).

Resta però, soprattutto, il “gender pay gap”, ovvero la differenza salariale tra uomo e donna a parità di compiti che va dal 4,7% del settore pubblico al 17% del settore privato.

In Abruzzo questo gap è ancora più evidente o almeno lo era al 2019 quando si sono fermate le pubblicazioni dell’Istat che segnavano una differenza retributiva oraria da lavoro dipendente tra uomo e donna dell’11%, con significative differenze tra le province a seconda della loro vocazione produttiva: meno rilevante in province a prevalenza di uffici pubblici come quella dell’Aquila (al 7,4%) o da grande struttura industriale come Teramo (6,5%), più marcate dove ci sono le piccole e medie imprese (dal 13,8% di Chieti al 14,4% di Pescara).

Per raggiungere la parità, come dice lo spot che va in onda in questi giorni in televisione, ci vorranno forse decenni, ma da qualche parte si deve pure cominciare. Magari dai numeri e non dalle mimose.

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