Lo stato dell’arte delle micro imprese in Abruzzo

Le microimprese abruzzesi costituiscono l’ossatura del sistema economico abruzzese: rappresentano  il 96% del totale delle imprese; impiegano il 55% degli occupati. Un punto di debolezza della struttura dimensionale delle imprese abruzzesi è quello di avere un numero troppo esiguo di grandi imprese che registrano un numero medio di addetti per impresa molto basso. L’altro punto di debolezza lo scopriamo nel mondo artigiano che, nel quinquennio 2012-2017, flette ad una velocità doppia rispetto a quella nazionale e si pone all’ultimo posto della graduatoria nazionale. Considerazioni che arrivano dall’economista sulmonese Aldo Ronci che ha pubblicato un nuovo studio sulla situazione abruzzese raccogliendo i dati dall’Archivio statistico delle imprese attive (Asia) tenuto dall’Istat.

Le micro imprese abruzzesi rappresentano il 96% del totale e impiegano il 55% degli occupati mentre quelle italiane rappresentano il 95% del totale e impiegano il 44,5% degli occupati. Le grandi imprese abruzzesi rappresentano lo 0,06% del totale e impiegano il 14.5% degli occupati mentre quelle italiane rappresentano lo 0,09% del totale e impiegano il 22,5% degli occupati. I decrementi subiti dalle imprese nel quinquennio tra il 2012 e il 2017 sia per il totale delle classi (-2.601) che per le micro imprese (-2.444) sono il frutto di due tendenze opposte: da un lato i decrementi delle imprese artigiane sia per il totale delle classi (-4.284) che per le micro imprese (-4.186); dall’altro lato gli incrementi delle imprese non artigiane sia per il totale delle classi (+1.683) che per le micro imprese (+1.742).

Le variazioni delle micro imprese sono state disomogenee. Le flessioni più consistenti si sono registrate nelle costruzioni (-2.488), nel commercio (-1.795) e nell’industria (-688) mentre le attività economiche che hanno annotato incrementi più alti sono: le attività tecnico professionali (+895) e quelle di assistenza sociale (+839). Le variazioni percentuali dei dati abruzzesi confrontati con quelli italiani mostrano divergenze variabili, ad esempio nelle costruzioni il decremento abruzzese del 18,20% è peggiore di quello italiano del12,28% mentre nelle attività di informazione e comunicazione l’incremento abruzzese è del 14,10%  è migliore di quello italiano del 5,52%.

La struttura dimensionale delle imprese abruzzesi secondo Ronci presenta due aspetti negativi: il primo è quello di avere un numero troppo esiguo di grandi imprese infatti sono appena 60 mentre se avesse avuto la stessa composizione media nazionale ne avrebbe dovuto avere 87, che si traduce nell’avere il 30% in meno di grandi imprese; il secondo è quello di avere un numero basso di addetti per ogni grande impresa pari a 747 unità mentre quello italiano si attesta a 984 addetti per ogni grande impresa e ciò significa che se le 60 imprese avessero avuto un numero medio di addetti pari a quello italiano l’Abruzzo avrebbe avuto ben 14.200 addetti in più. Un altro punto di debolezza si trova nel mondo artigiano abruzzese che, nel quinquennio 2012-2017,  flette ad una velocità doppia rispetto a quella nazionale sia per il totale delle classi (Abr -15,01%; It – 7,27%) che per le micro imprese (Abr -15,05%; It -7,57%), valori questi che sia per il totale delle classi che per le microimprese hanno posizionato  l’Abruzzo all’ultimo posto della graduatoria nazionale.

I decrementi per attività economiche più elevati da evidenziare sia per le imprese artigiane che per quelle non artigiane sono quelli relativi al settore delle costruzioni e del commercio risentendo il primo della crisi immobiliare e della carenza di investimenti pubblici e il secondo della globalizzazione e della presenza dei centri commerciali. In Abruzzo i dati dell’export dei prodotti diversi dai mezzi di trasporto, quelli sulla dinamica delle imprese, quelli sulla restrizione creditizia per le piccole imprese, quelli sulla flessione del numero di abitanti, sono tutti peggiori dei dati medi nazionali e confermano lo stato di crisi del sistema economico abruzzese. “Forse è giunto il momento – conclude Ronci – di decidere a livello regionale quali politiche adottare per fare in modo che ci sia un cambio di passo del sistema produttivo locale, in particolare delle micro imprese e tra queste quelle artigiane, che deve necessariamente e improro-gabilmente imboccare la strada dell’innovazione per far diventare più competitivo il sistema”.

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