Maria Antonietta Spadorcia: “Chiamatemi vicedirettore”

Quarantanove anni, orgogliosamente sulmonese, Maria Antonietta Spadorcia è da giovedì scorso il nuovo vicedirettore (che vicedirettrice non le piace, le ricorda la scuola) del Tg2. Un incarico importante arrivato dopo una lunga carriera fatta di sacrifici e passione, tacchi consumati soprattutto nel Transatlantico dove per anni è stata giornalista parlamentare, prima di diventare caporedattore e mezzobusto dell’edizione serale. Ad una settimana dalla sua nomina, oggi, ottenuta l’autorizzazione da Mamma Rai, Maria Antonietta si racconta al Germe.

Come è andata questa prima settimana?

Bene, se non fosse che ho dovuto annullare le ferie. Ma ne è valsa la pena, perché è un incarico che mi stimola e mi rende felice. Molto diverso dai precedenti e molto impegnativo. Da una settimana lavoro praticamente dalle 5 del mattino fino a sera. C’è da organizzare il giornale, la prima edizione delle 8,30 del Tg e poi quelle a seguire, praticamente senza soste, leggere e controllare tutti i pezzi e il timore che qualcosa sfugga c’è sempre. Anche perché io mi sono sempre occupata di politica e un vicedirettore, invece, deve avere uno sguardo più ampio. E sono tornata a studiare argomenti di cui non so molto, ma di cui ho comunque la responsabilità.

Ma te l’aspettavi?

Il direttore Gennaro Sangiuliano mi aveva detto tempo fa che c’erano spazi di crescita, ma non credevo fossero così rapidi. Mi hanno comunicato della nomina praticamente il giorno prima e giovedì ero già in redazione nel mio nuovo ruolo. Insomma, no; non me lo aspettavo. Non così.

La guerra, la crisi di governo, le elezioni alle porte. Un battesimo di fuoco

Eh sì, mi hanno lanciata in mare, come dico io, e mi hanno detto: vediamo se sai nuotare. Certo con la crisi di governo che è il titolo principale in questi giorni, nuoto in acque conosciute: mi sono sempre occupata di politica.

I commenti alla tua nomina sono stati molto positivi: tutti hanno parlato di una nomina per meriti. Ma quanto ha influito la politica e l’attuale contesto politico?

Sono stata sempre una che ha lavorato duramente: dalle prime esperienze sulla carta stampata, ai periodi di precariato, fino ad oggi che, nonostante il ruolo, continuo a scrivere pezzi. Mi chiamano il vicedirettore operaio. Penso che l’impegno e la professionalità siano riconosciuti trasversalmente: mi ha fatto molto piacere in questi giorni ricevere gli auguri, sinceri, di persone e colleghi che sono molto distanti dal mio modo di pensare e di essere.

A proposito, secondo te era opportuna ora una crisi di governo e fare una campagna elettorale estiva?

Non lo so, io la racconto la politica, non la faccio. Penso però che i partiti si stavano preparando da tempo. La crisi ha solo accelerato un po’ i tempi, verso la fine di agosto si avrà un quadro più chiaro e inizierà davvero la campagna elettorale.

Cosa vuol dire per una donna fare la giornalista a questo livello?

Quando ho iniziato mi sono trovata in redazioni che all’80% erano composte da uomini, ora le cose sono un po’ cambiate. Ma per una donna la cosa che è più difficile è conciliare la famiglia con il lavoro. I miei due figli li vedo poco e anche loro se ne sono fatti una ragione, però cerco di seguirli come posso. Ora sono al mare a Pescara, loro si sentono per metà abruzzesi, anche se viviamo qui a Roma.

Quando hai deciso che avresti fatto questo lavoro?

Il primo articolo l’ho pubblicato su Il Tempo l’8 settembre 1986, la redazione di Sulmona era guidata da Vincenzo Colaiacovo ed Ezio Barcone. Io avevo solo 13 anni e per me quella è stata un’emozione indimenticabile. Mio padre però voleva facessi tutt’altro e così, dopo la laurea in Giurisprudenza, mi iscrissi alla scuola di magistratura alla Lumsa. Fu quella l’occasione per riprendere la mia passione per il giornalismo che nel frattempo avevo dovuto mettere da parte. Una tivvù privata romana, SuperTre, voleva fare delle interviste ai magistrati, ma chiedeva delle competenze specifiche e si rivolse al nostro corso. Io mi offrii e lì ricominciai a fare la giornalista. Prima le collaborazioni con il Giornale e Il Giornale d’Italia, quindi la scuola di giornalismo dove c’era Anna La Rosa che portò sei del corso a Raidue in quella che si chiamava Tsp (tribuna e servizi parlamentari). Da allora, tra contratti a tempo e rinnovi, mi sono sempre occupata di cronaca politica. E ho cercato di farlo anche in modo diverso, anche mettendoci dentro dell’ironia, soprattutto cercando di entrare nel merito dei provvedimenti che venivano approvati. Ricordo un approfondimento molto divertente, ad esempio, sulla prima volta del voto degli italiani all’estero.

A proposito di emigranti, con Sulmona continui ad avere un rapporto stretto

Sulmona è la mia città, da dove provengo e quello che sono. Non è scindibile: la caparbietà e la “coccia tosta” sono elementi del mio carattere che ho preso dalla cultura della mia terra. Per questo sono stata molto contenta, ad esempio, quando mi ha chiamata la dirigente del liceo Ovidio, Caterina Fantauzzi, per un incontro con gli studenti. Essere nel mio liceo classico a restituire il mio lavoro è stata una esperienza bellissima. L’Abruzzo ce l’ho nel cuore e nel sangue e ricordo che nei primi anni Duemila quando facevamo dei focus sulle regioni, io raccontai l’Abruzzo con gli occhi di Gabriele Cirilli.

E la stampa locale la segui?

Non molto a dire il vero, non ho tutto questo tempo. Ma ho la mia rassegna stampa quotidiana personale: mio padre che quando vado a riprenderlo insieme ai bimbi, mi tiene aggiornata sulle notizie di Sulmona e ovviamente sul conto dei vivi e dei morti.

2 Commenti su "Maria Antonietta Spadorcia: “Chiamatemi vicedirettore”"

  1. Uno di Prezza | 27 Luglio 2022 at 00:11 | Rispondi

    Veramente Maria Antonietta è di Prezza

  2. Evidentemente non ci si sente, avete altro di cui vantarvi !!!

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