Non dimenticheremo

 

Consegneremo solo memoria ai nostri figli, racconti di una montagna che fu. Niente più capanne al Casino Pantano, passeggiate alla Crocetta, scalate fino alle Vicenne. Niente pomiciate allo chalet e giornate di arte e silenzio sull’eremo, niente più respiri profondi dalla sommità della chiesetta di San Pietro e scorpacciate al Colle delle Vacche. La montagna non si muove, resta lì, ma non sarà più quella della nostra infanzia, non sarà la stessa che lasceremo ai nostri figli. Sarà un’altra cosa, un pezzo d’identità sparita. Brucia, più del fuoco e delle fiamme e del fumo e della rabbia per l’impotenza, questo distacco. Brucia dentro e soffoca in gola e acceca la vista tutto questo grigio rimasto intorno. Consegneremo la memoria e non dimenticheremo. No, non dimenticheremo. Chi ha profanato la montagna sacra, ha svalutato il nostro patrimonio, ha ucciso i nostri animali e bruciato le nostre piante. Saremo in prima linea, tutti, al fianco della magistratura a cercare la mano dei criminali, fosse anche l’ultima resistenza all’avanzata delle truppe della ‘Ndrangheta calabrese e della Mafia siciliana, che come sostiene una relazione della Dia (direzione investigativa antimafia) si vogliono spartire l’Abruzzo sottraendolo alla Camorra campana. Che con troppa superficialità abbiamo fatto entrare, permettendogli in giacca e cravatta di acquistare capannoni dismessi, case diroccate, terreni incolti, aziende al collasso. E se non sono stati loro a bruciare le nostre montagne, chiunque altro sia stato, noi, lo terremo d’occhio. Lo marcheremo stretto, verificheremo gli appalti, gli affitti, le visure camerali delle società che sulle ceneri delle nostre montagne vorranno fare affari, rimboschimenti, discariche. E poi, se questo è un progetto eversivo, come qualcuno sostiene, se tra le cause “non si escludono rancori o interessi”, come ha detto il procuratore capo Giuseppe Bellelli, allora costringeremo i politici, quelli che il quadro degli affari ce l’hanno più chiaro, a parlare, a scoprire ogni carta, a raccontare chi vuole o chi potrebbe volere conquistare l’Abruzzo. Se hanno pestato i piedi a qualcuno, se non hanno rispettato qualche patto, se si sono messi di traverso a qualche affare. Perché un motivo, una causa, un movente, deve esserci per questo atto di guerra e nessuno, di quelli che su queste montagne è cresciuto o che queste montagne ama, può permettersi di restare in silenzio.

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