
Tre orsi bruni marsicani morti in pochi mesi e un cucciolo di plantigrado abbandonato hanno spinto l’ISPRA a fornire un sintetico contributo di chiarimento tecnico, alla luce dello stato di conservazione della popolazione di orsi dell’Italia centrale. A riportare il documento è il PNALM, diretto interessato per la tutela e la conservazione dell’animale simbolo del Parco e dell’Abruzzo.
L’aumento o la diminuzione delle dimensioni di popolazione – si legge nel rapporto rilasciato dall’Istituto Superiore per la Ricerca e la Protezione Ambientale -, per l’orso marsicano come per ogni altra specie, è il risultato del bilancio annuale tra il numero dei nati e quello dei morti. Pertanto, per fare valutazioni attendibili sull’andamento della popolazione e sulle sue prospettive di conservazione, è necessario monitorare nel tempo, secondo un disegno di campionamento appropriato, questi tre aspetti della demografia della specie, ovvero il numero di individui presenti, i tassi di mortalità e il numero dei nuovi nati. I valori di questi parametri, attualmente ottenuti dai dati raccolti per lo più in modo opportunistico dalla rete di monitoraggio dell’orso marsicano, sono grandezze minime, che forniscono un’immagine preziosa ma parziale del bilancio demografico annuale all’interno della popolazione. Tuttavia, riassumerli può contribuire a fornire un più ampio contesto, utile per interpretare gli eventi verificatisi nell’ultimo mese.
L’ultima stima formale delle dimensioni della popolazione all’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise risale al 2014. È stata realizzata dall’Università di Roma “La Sapienza”, in collaborazione con il PNALM e il Corpo Forestale dello Stato (oggi CC.FF.), nell’ambito del progetto LIFE Arctos. Una stima che indicava la presenza di un numero di individui compreso tra 45 e 69, limitatamente al PNALM e alla sua area contigua.
Negli anni successivi, le reti di monitoraggio dell’orso marsicano, come riporta L’ISPRA, hanno esteso il campionamento genetico anche alle porzioni più periferiche della distribuzione della specie e hanno continuato a fornire ogni anno un numero minimo di individui, campionati per lo più in modo opportunistico. Inoltre, il lavoro delle reti ha consentito di raccogliere un numero progressivamente crescente di segni di presenza della specie nelle aree marginali della distribuzione, verificando sempre le segnalazioni e dando così forza all’ipotesi che nell’ultimo decennio abbia preso avvio un processo di espansione dell’areale dell’orso marsicano. Questa ipotesi è ulteriormente avvalorata dalla presenza, ormai stabile, di un numero certo di individui all’esterno del PNALM e dell’area contigua, in modo particolare nel territorio della Riserva Regionale del Monte Genzana e del Parco Nazionale della Maiella.
Nel corso del 2025 verrà realizzato il primo campionamento genetico estensivo e in simultanea su tutta l’area di distribuzione della specie nell’Appennino centrale, con lo scopo di aggiornare la stima del 2014 per l’area centrale e di produrre una prima stima formale anche per le zone periferiche della distribuzione. Il progetto di campionamento genetico è stato finanziato dal MASE nell’ambito del progetto DIGITAP, con fondi messi a disposizione dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). In questo contesto ISPRA svolgerà un ruolo di coordinamento e di consulenza tecnica durante tutte le fasi di svolgimento delle attività di progetto.
In merito al tasso di mortalità, nel periodo compreso tra il 2003 e il 2024 sono stati rinvenuti morti un totale di 52 individui, per una media di 2,4 orsi/anno, con un minimo di zero ed un massimo di 6 in un singolo anno solare. Di questi, il 50% di quelli per cui è stato possibile accertare le cause di morte è risultato deceduto a causa di uccisione illegale da parte dell’uomo (arma da fuoco, avvelenamento, etc.), mentre un ulteriore 30% per altre cause comunque legate all’attività antropica (incidente stradale o ferroviario, annegamento, etc.). I dati di mortalità minima sono solitamente registrati e riportati in relazione all’anno solare, perché questa suddivisione consente di evidenziare il numero di decessi occorsi tra due stagioni consecutive di nascita dei cuccioli. Si tratta dei valori minimi noti e non è possibile dire con certezza quanti orsi muoiano ogni anno nell’intero areale di distribuzione dell’orso.
Nel periodo 2014-2024, le conte annuali delle femmine con piccoli hanno identificato un totale di 119 nuovi nati, per una media di 10,8 cuccioli ogni anno, con un minimo di 3 ed un massimo di 16. Nel corso dell’ultimo decennio, la tendenza osservata è stata di un progressivo aumento del numero di femmine adulte riproduttive presenti nella popolazione. Inoltre, ci sono segnali di un possibile ampliamento anche dell’area di riproduzione delle femmine, con diversi nuclei familiari che sono stati osservati in aree marginali della distribuzione della specie.
Le morti nel biennio 2023-2024 (4 orsi morti, dei quali una per arma da fuoco, 2 per incidente stradale e uno per aggressione intraspecifica) e nella prima parte del 2025 (2 annegati e uno per cause ancora da chiarire), confermano l’alta incidenza della mortalità antropica sulla specie, soprattutto nella forma della persecuzione diretta e per i rischi legati alla mobilità stradale e alla presenza di altre strutture antropiche.
“Per quanto riguarda una valutazione di prospettiva demografica della popolazione – prosegue l’ISPRA -, le sue dimensioni estremamente ridotte, la bassa variabilità genetica, la frammentazione dell’habitat e la persistenza di elevati tassi di mortalità antropica mantengono l’orso marsicano in una condizione di estrema fragilità, soggetto ad un rischio non trascurabile di estinzione nel medio-lungo termine. Tale rischio è stato stimato nel 17% di probabilità che la popolazione scompaia entro un orizzonte temporale di 100 anni (Gervasi e Ciucci 2018). Ciò premesso, i numeri relativamente elevati di nuovi nati osservati ogni anno e l’aumento di segni di presenza nelle aree periferiche della distribuzione sembrerebbero indicare una tendenza stabile o positiva, piuttosto che negativa, della popolazione nel corso degli anni più recenti. Ciò dovrà essere valutato ed eventualmente confermato (o confutato) attraverso dati più solidi e analisi statisticamente robuste. Anche in considerazione di ciò, il progetto di stima di popolazione nell’intero areale di distribuzione della specie, che verrà condotto nel corso dell’estate 2025, rappresenta un importante passo verso un monitoraggio demografico che informi il processo decisionale e che sia strumento per la valutazione delle azioni di conservazione intraprese negli anni”.
“Sarà necessario che lo sforzo di monitoraggio prosegua in modo periodico e sistematico – conclude l’ISPRA – anche nel futuro, valorizzando tutto il lavoro condotto in questi anni dalle reti di monitoraggio e operando una transizione che vada dalla quantificazione di valori minimi osservati alla stima formale dei principali parametri demografici della popolazione. Alla luce dei risultati ottenuti, soprattutto circa l’andamento numerico della popolazione, sarà possibile valutare e adattare le politiche di conservazione dell’orso bruno marsicano nel corso del tempo. Fin da subito, tuttavia, è necessario operare nella direzione di ridurre e progressivamente minimizzare il rischio che ulteriori eventi di mortalità antropica possano verificarsi in futuro”.
Purtropo non si può che notare, nonostante gli sforzi di pochi, una totale incapacità nella tutela di questa specie quasi estinta. La cosa più grave è che a fronte di questi drammatici dati ISPRA si rimanga inermi e non si operi alcun cambiamento, nell’indifferenza più totale.Parliamoci chiaro, tanti in questa regione percepiscono la presenza dei selvatici come inutile e fastidiosa, atteggiamento spesso cavalcato da certa politica per fini di elettorato. Non parliamo poi delle tante campagne e manifestazioni promosse da una parte del mondo agricolo sulla nocività di tanti animali, dove a fronte di danni alle coltivazioni non ci sarebbero i sufficienti ristori.Non si può non inserire il continuo disturbo alla specie per aumento esponenziale di attività legate all’escursionismo, la cronica indisponibilità di cibo in natura dovuta ai cambiamenti climatici (gli orsi spesso non vanno più in letargo) e il gioco è fatto. Gli orsi frequentano sistematicamente zone ad alta antropizzazione umana alla ricerca di cibo e qui incontrano i pericoli legati alla circolazione stradale e all’intolleranza umana.Speriamo che ci sia presto un cambio di passo e atteggiamento per la tutela di questa specie unica al mondo, diversamente il declino sarà molto rapido.
Adesso leggiamo i dati al contrario, “83% di probabilità di sopravvivenza tra un secolo”.