Paesologi e migranti

Al tempo dei porti sbarrati a chi scappava dai proiettili e dalla fame e animali confidenti trattati come dannati lupi mannari, in un delirio creativo avevo immaginato un mondo terrificante. Con borghi popolati soltanto da migranti e orsi. Quasi fossero degli antichi ghetti per indesiderati. Le cupe prospettive non sembrano poi così mutate, ma ogni tanto ti imbatti in soluzioni intelligenti. Che aprono il cuore alla speranza.


Due centri montani e una cooperativa sociale ci fanno ora sapere di aver trovato le risorse per aumentare i posti da destinare all’accoglienza di afghani e ucraini. Persone perseguitate e bombardate. Altri dodici profughi da piazzare tra Campo di Giove e Cansano grazie al progetto della Horizon Service. Per ospitare. Integrare. Ma il lavoro è lungo, difficile. Duecento questionari sparpagliati in provincia dell’Aquila dai volontari del servizio civile confermano quel che si temeva: scarsa conoscenza del fenomeno migratorio, distorta e quasi sempre legata agli stessi beceri luoghi comuni.

L’importante è insistere, anche per combattere una strana creatura obesa, retorica e reale, che da qualche anno si aggira tra valli e pietre dell’appennino. Quasi sempre addobbata con una polo scolorita e bermuda riportate a casa dal servizio militare. Il paesologo si muove con gli occhi pieni di meraviglia tra viuzze e castelli diroccati, piazzette e fontanelle, ciottoli consumati e mattonelle rabberciate. Abbraccia alberi di mele e invita tutti a non mollare, a non abbandonare mai i luoghi dell’anima. Al calar del sole, con buste stracolme di salsicce e pane sciapo prese a scrocco, scappa via. Per non perdersi l’aperitivo cenato con vista Pantheon o a bordo Navigli. Un fresco spritz per far finta di non sapere che in quei presepi naturali non nascono più bimbi, spariscono scuole, chiudono poste e la bottega di zia Carmelina che ti vendeva sale grosso e olio di semi. Dove sindaci pazienti e resistenti tirano avanti con pochi euro in bilancio, che nemmeno il vigile urbano può incrementare con multe che dovrebbe regalare al compare.

“Maiella Accoglie” è una delle tante risposte al nuovo mondo disastrato, bollente e con sempre meno ghiaccio. Ai terremoti, alle pestilenze, alle guerre, allo spopolamento, alle soluzioni gonfie solo di parole. Vuote. Per indicare una strada alla vita e alla solidarietà grazie al dolore e alla diversità. Per far sì che il nostro futuro non sia un interrogativo e che la montagna sia madre per davvero. Comprensiva e sempre pronta ad allargare le sue braccia. Come una mamma bianca e soffice, anche se con la coccia dura di una montanara.

Dylan Tardioli

Commenta per primo! "Paesologi e migranti"

Lascia un commento

Il tuo indirizzo mail non verrà mostrato.


*