Piano emergenza: aggiornato dopo 12 anni, è già vecchio

Ci sono voluti quasi dodici anni da quel 7 aprile del 2009 quando, con la terra che tremava ancora, venne redatto il Piano di protezione civile di Sulmona. Doveva essere un documento, allora, da aggiornare ogni sei mesi. Doveva. In realtà quelle carte, che custodiscono però azioni concrete e pratiche da attuare in caso di emergenza, sono state modificate solo ieri con il voto a maggioranza del consiglio comunale che ha aggiornato formalmente il documento.

Tante cose sono cambiate nel frattempo, a partire dalle aree di emergenza e accoglienza che fino a ieri riguardavano siti inaccessibili o che hanno cambiato forma e destinazione (su tutti la sede dell’Itcg di via D’Andrea chiusa dal 2014 e piazzale Japasseri dove oggi c’è l’area camper).

Così oggi le aree di attesa sono 36, quelle di accoglienza 8 e quelle di ammassamento soccorsi 3 e dall’elenco sono spariti almeno tra gli edifici strategici quelli che sono inagibili.

Si aggiungono ai rischi sismico, incendi boschivi e idrogeologico, del vecchio Piano, quelli del rischio industriale, di neve e ghiaccio e di valanghe, ferroviario, vento forte, fulmini, caldo. Mancano però quello attualissimo dell’emergenza sanitaria (che ha detto la sindaca sarà aggiunto), ma anche, ha fatto notare la consigliera Elisabetta Bianchi, altri rischi probabili: quelli legati al pericolo del gas (con una centrale prevista a Case Pente), ai trasporti industriali, al rischio ambientale nonostante la presenza di una discarica e di un impianto trattamento rifiuti sul territorio comunale.

La critica più forte al Piano è venuta però dall’interno della maggioranza, ovvero dal consigliere Andrea Ramunno che ha lamentato come nessuno in città sappia del nuovo Piano, cosa grave, ha spiegato, perché “un Piano di protezione civile storicamente funziona se i cittadini lo conoscono e ne sono partecipi”. E d’altronde basta andare un po’ dietro con gli anni, all’estate del 2017, durante l’incendio del Morrone, per comprendere come il mancato raccordo tra istituzioni e cittadini possa portare a danni (con tutte le polemiche che ci furono quando vennero fermati i volontari).

“Il Piano è uno strumento fluido – ha spiegato la sindaca Casini – che può essere aggiornato in ogni momento e quando ce ne sarà bisogno”. Il che potrebbe essere molto presto, si spera, quando cioè dopo sette anni dal finanziamento regionale partirà – chissà – la microzonazione sismica di terzo livello, uno strumento atteso da troppo tempo in un territorio ad altissimo rischio sismico. Quando e se sarà concluso questo studio affidato all’Università di Chieti, bisognerà rimettere mano alla mappa del rischio e in qualche modo all’intero Piano. Sperando non ci vogliano altri dodici anni per aggiornarlo.

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