Realisti vs Outsider

Ci sono, mi sembra di cogliere, due antitetici modi di reagire, entrambi assolutamente umani e legittimi, ai fenomeni che in questa crisi collettiva di senso prima che sanitaria, si esaltano ed esasperano nei loro caratteri distintivi, suddividendo grossolanamente la massa in due corrispondenti categorie. All’interno di questi due macrosistemi ovviamente si dispiega in sfumature infinite la varietà degli esseri umani con le loro certezze, nevrosi, aspettative.

I REALISTI

Sono quelli informati approfonditamente sul dato reale che conoscono nelle sfaccettature e nei dettagli più rivelatori, perchè nel momento di maggiori debolezze possano affidarsi al controllo sociale che la comunità ha saputo esprimere nell’autorità riconosciuta.

Questo non è il migliore dei mondi possibili certamente, dicono questi, ma siamo realisti, è quanto c’è ad affrontare la crisi che dovrà essere superata, assolutamente, definitivamente e nel minor tempo possibile: a questo, più che resistere, occorre e conviene affidarsi. 

La Resilienza, detta la maggioranza, è la nuova forma politicamente accettabile di resistenza.

Il personale controllo che ordinariamente detta la scansione nella vita, quando l’accadimento è come in questo caso imprevedibile, viene trasferito all’autorità del qui e ora che, per potervi confidare, deve assolutamente essere inattaccabile sotto il profilo logico. Poche chiacchiere, ossessioni nevrotiche, teorie aliene da ingenui neofiti improvvisati, intemperanze isteriche che minacciano l’integrità del corpus sociale: la condizione è questa, la realtà cruda.

Ogni adattamento richiede sacrificio, il sacrificio deve essere unanimemente condiviso: non menate il can per l’aia, per affrontare il momento difficile ci troviamo suggerite una serie di risorse che possiamo adottare, riscoprire, sperimentare. Perché non approfittarne per leggere un libro, meditare su se stessi, farsi in casa un chilo di pane?

E’ sufficiente guardare, come fanno gli uccelli in stormo, quello che fa il prossimo attorno, assumere il suo comportamento e lasciarsi portare dal flusso. Conformandosi al volo nessuno si farà male e lo stormo raggiungerà il suo traguardo.

Dal punto di vista evolutivo, diceva Surowiecki, il realismo è quanto serve all’umanità perché passetto dopo passetto reagisca ai capricci della Natura e lentamente vi si adatti, sacrificando, all’occorrenza -ma obbligatoriamente insieme a tutti gli altri-, pregresse certezze, abitudini, libertà e modi di pensare.

La sopravvivenza è garantita dai comportamenti della moltitudine, chi vi si oppone mette a repentaglio il volo dell’intero stormo. Va convinto, con modalità varie tanto quante sono le diverse sfumature di pensiero, dalla benevola conversazione alla più integrale – per quanto certamente momentanea ed eccezionale – censura.

Cominciando a prefigurare l’ipotesi di sapore mengeliano, come allora scientificamente avallata da esperti, che il dissenso sia sintomo di una nuova patologia sociale: il complottismo.

GLI OUTSIDER

In genere sono quanti si rifiutano di accettare la realtà preferendo, già in condizioni ordinarie, di costruirsene di altre in cui rifugiarsi. Sottoposti a stress da condizioni di emergenza gli outsider reagiscono in modo scomposto, al contrario della categoria antagonista che si muove compatta con forza centripeta, si agitano come schegge impazzite in movimenti isolati e centrifughi.

Il dato reale è poco importante perché interpretabile, dicono questi, come ogni fenomeno della realtà che non è altro che una delle tante percezioni che possiamo averne. Esattamente all’opposto dei realisti gli outsider rifuggono il dato reale dettato dall’autorità in cui non si riconoscono, perché indebolisce le possibilità di rifuggirne in universi di fantasia.

Al dato certo gli outsider oppongono le infinite interpretazioni, elaborando teorie, ricercandone contraddizioni, indagando il paradosso che possa illuminare la massa sugli inganni dell’autorità autocostituitasi. Così viene riversata una mole crescente di contro-dati, eccezioni, ripensamenti, domande, rivelazioni e scoperte che i realisti prendono per quello che la realtà sembra suggerire, puerili tentativi di evasione e, insieme, minaccia al confortante flusso del volo collettivo verso il traguardo.

Inutile e pericoloso diffondere ipertesti che nessuno ha tempo e voglia di ascoltare, perché non smetterla di agitarsi e sedersi ad aspettare che il volo di stormo faccia il suo percorso?

Oggettivamente e realisticamente, hanno ragione loro, i realisti, la vita procede per adattamenti successivi, la resistenza è controproducente, strozza l’energia collettiva e la indebolisce, diventa virus nel sistema che si autocontrolla e protegge. Alla Resistenza il Pensiero accettabile contrappone la Resilienza, lasciarsi trapassare le cose addosso, perché la contro informazione è, col nemico alle porte, alto tradimento.

Se non fosse che gli ousider manifestano fin nei suoi eccessi più intollerabili la naturale miccia propulsiva e reattiva che abbiamo tutti e che i realisti oggi chiedono di mettere in pausa per il bene comune.  Quella spinta che rende extra-ordinari i momenti di pace e di crisi, che emotivamente andiamo a ricercare nelle fughe dell’animo, nei libri, nei film, nell’arte tutta perché più nutrienti della crudezza del dato.

Solo che i realisti sanno coglierne l’aspetto illusorio, tenendo ben distinti e sotto controllo le tentazioni emotive che vorrebbero sopraffare la logica, relegandole a consapevoli momenti di cedimento. Un tot al giorno e in silenzio, un pensiero irrequieto, una trasgressione impossibile, una speranza rimandata, un abbandono all’emozione irraggiungibile, tutti sentimenti che rinforzano e danno ragione al sacrificio collettivo rendendolo ancora più efficace.

Nel mentre tutti, realisti e non, ubbidiscono all’autorità del presente appassionandosi alle serie tv più rivoluzionarie, all’eroe più coraggioso, al pensatore più caustico, al regista più corrosivo, all’artista meno conformista, al sentimento più mortificato e indicibile che ci smuove i sensi fino a commuoverci.

Abbiamo bisogno della rapina alla zecca di stato spagnola di Casa Papel la sera dopo l’aggiornamento del dato crudo e implacabile, vogliamo sognarci con un mitra in mano che mettiamo in scacco il regime arrogante che si cela dietro l’apparente sonnolenta serenità del post-postmoderno. Ma solo nella finzione, che è solo rappresentazione creativa e catartica del reale. 

Per dedurne che, più cresce la moltitudine dei realisti più abbiamo bisogno delle intemperanze degli outsider perché, per quanto possano apparire rischiose le loro assurde e improbabili teorie, sono quei guizzi di follia in certi momenti di stagnamento del reale che possono sia pure per un attimo farci immaginare delle fughe.

Sono quei guizzi geniali dimostrati per assurdo che hanno interposto nel regolare flusso della storia improvvise svolte che hanno delegittimato le pregresse certezze e le corrispondenti consuetudini, salvando l’umanità da indirizzi e strategie completamente sballate, per quanto profondamente radicate.

Staremmo ancora a curarci con le sanguisughe se un folle outsider non avesse tirato fuori dalla muffa di un pozzo la medicina. Staremmo ancora barricati in difesa della porta se un centravanti isolato non avesse raccolto rocambolescamente una palla per gettarsi in contropiede verso la meta avversaria.

Staremmo ancora al Neanderthal se un ominide sapiens più stravagante degli altri non avesse cercato nel linguaggio lo strumento di organizzazione del branco per sconfiggere la specie oggettivamente più forte.

Antonio Pizzola

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