Il governo dice no alla nuovo adeguamento del Piano regionale di gestione integrata dei rifiuti votato dal Consiglio regionale con la legge 5 del 23 gennaio 2018. Si tratta di una bocciatura che porta con sé una cocente censura politica per la Giunta regionale che sull’adeguamento del Piano aveva giocato molto delle sue carte in tema di rifiuti e ambiente.
L’impugnativa sancita dal ministero degli Affari regionali porta il destino del ciclo rifiuti in Abruzzo appeso sul filo della decisione della Corte Costituzionale che dovrà accertare se la legge regionale viola i principi costituzionali, entrando in un settore dove la normazione nazionale ha fissato principi generali. Se non è l’anno zero, poco ci manca. Sulla legge di adeguamento del Piano rifiuti la Giunta regionale e il sottosegretario Mario Mazzocca avevano investito molto in termini politici, anche perché la normativa regionale aveva l’obiettivo di escludere la realizzazione di inceneritori a recupero energetico. Ma per fare questo è necessario, secondo quanto dice la normativa nazionale, presentare numeri virtuosi nel campo della produzione e trattamento dei rifiuti.
La censura governativa investe sia il campo formale sia, e qui l’opposizione è ancora più netta, il merito della legge. Sul primo aspetto, il Governo contesta alla Regione un antico vezzo
Ma le censure più pesanti, come detto, riguardano il merito della legge, perché alla Regione vengono contestati i numeri sulla produzione dei rifiuti. Nella legge si dice che si riduce la produzione dei rifiuti ma nel contempo non vengono forniti elementi in ordine alla riduzione stessa. Si tratta, insomma, di stime “pro domo sua”.
Lo scenario che disegna il Piano votato dal Consiglio, relativo all’orizzonte temporale 2014-2022, prevede una sensibile riduzione della produzione dei rifiuti urbani pari al 14% circa; la produzione di rifiuti passerebbe secondo le stime regionali da 593.080,29 tonnellate prodotte nell’anno 2014 a circa 520.902 tonnellate nel 2022, con un contemporaneo incremento della raccolta differenziata verso il raggiungimento degli obiettivi di legge.
Ma la realtà al 2016, secondo quanto riporta l’Ispra nei rapporti annuali, fornisce numeri ben diversi. “Contrariamente a quanto previsto nel Piano – scrive il Governo nell’impugnativa – come conseguenza dell’attuazione delle azioni di prevenzione attivate e da attivarsi secondo quanto indicato nel programma regionale, a partire dal 2014 la produzione dei rifiuti urbani è tornata a crescere in regione Abruzzo, passando da 593.080,29 tonnellate prodotte nell’anno 2014, a 593.817,90 tonnellate nell’anno 2015, a 601.990,75 tonnellate nell’anno 2016, come certificato da Ispra nei rapporti annuali. Giova inoltre evidenziare che, nello scenario di riferimento regionale al 2022, più che aver previsto un efficientamento dell’impiantistica di trattamento preliminare, appare piuttosto esservi un peggioramento”.
Infine, e il dato non è secondario, il Governo chiude l’impugnativa sostenendo che “il Piano regionale de quo prevede un ingente ricorso alla discarica: in particolare, prevede un fabbisogno di 111.379 tonn/anno, cui vanno sommate ulteriori 20.000 tonn/anno che sono imputate ad un accordo con la Regione Basilicata ancora non realizzato. Ciò determina un ricorso alla discarica di particolare entità, in sostituzione al ricorso all’incenerimento con recupero energetico previsto invece dal menzionato d.P.C.M. 10 agosto 2016 sulla base dell’art. 35 del d.l. n. 133 del 2014”.
Commenta per primo! "Rifiuti, il Governo dice no al nuovo Piano regionale"