Sanità: sock, gasp, pant. Il sindaco preso a ceffoni

Quella di ieri non è stata una giornata memorabile per il sindaco di Sulmona Annamaria Casini: il consiglio comunale straordinario convocato in difesa del punto nascita e aperto a sindaci e sindacati, infatti, è stato tutto tranne che una manifestazione di unità territoriale da una parte; e una severa e imbarazzante smentita della strategia e delle scelte politiche fatte dalla sua amministrazione dall’altra.

Lasciata sola, senza la protezione del suo padrino politico Gerosolimo e senza il conforto dei sindaci amici che, come l’ex assessore regionale alle Aree interne, hanno disertato l’incontro, la Casini era visibilmente dimessa e certo per nulla sorridente.

Gli schiaffi, ceffoni in pieno volto, se li è presi d’altronde in quasi tutti gli interventi che si sono susseguiti, con l’unica eccezione probabilmente del vescovo Michele Fusco. Ma quella è carità cristiana.

A rompere il ghiaccio, come una “nave” di sfondamento, è stato il sindaco di Pacentro Guido Angelilli, a nome e per conto dei dodici primi cittadini di Rinnovamento Democratico, che al pulpito si è presentato, volutamente, senza fascia tricolore: “Oggi siamo qui per certificare l’ennesimo fallimento della politica, un funerale che non merita il tricolore – ha esordito Angelilli – ognuno deve assumersi la responsabilità dell’inerzia politica e dello scarso coinvolgimento che si è fatto del territorio”. E non che parlasse in generale il pacentrano: “Sulmona ci coinvolge solo quando c’è da fare numero – ha aggiunto Angelilli – chiedo al sindaco Casini, ad esempio, che fine ha fatto la cosiddetta giunta del territorio. Una politica, questa, spaccata, miope, autoreferenziale e sterile, dove si pensa a giocare ad asso pigliatutto, a prendere voti, a vincere a tutti i costi passando da una parte all’altra della politica senza coerenza”.

Neanche il tempo di incassare il colpo, che al microfono è andata il sindaco di Pratola Peligna, a nome del centrodestra, Antonella Di Nino. Qui alla lezione politica, quella dell’unità inesistente, del territorio lacerato, anche e soprattutto per colpa di una città che dovrebbe essere leader ma che non lo è, la prima cittadina di Pratola ha aggiunto quella amministrativa: “La protesta non serve più, non servono le interrogazioni. Gli atti politici vanno accompagnati da atti amministrativi, da carte e studi che a quanto pare non tutti hanno fatto”.

Persino i sindacati e il personale sanitario le sbatte subito dopo in faccia gli errori compiuti: la scatola vuota del nuovo ospedale, il personale e la strumentazione che erano stati promessi e che non sono mai arrivati, e quel primo livello al quale si doveva ambire e puntare da subito. Invece di…

Sock, Gasp.

Stordita e barcollante, tra le voci che echeggiano ovattate nella sala, senza uno sguardo rassicurante da afferrare, la Casini cerca di aggrapparsi alla diplomazia del presidente della Provincia Angelo Caruso che riporta il dibattito sulle strategie aziendali, sulla mobilità passiva e sulla necessità di rendere attrattivo l’ospedale per non perderlo. Né consola più di tanto l’arringa dell’avvocato e consigliere regionale Maurizio Di Nicola che se la prende con i burocrati e i tecnici rivendicando il primato della politica; men che meno le parole che seguono della senatrice Gabriella Di Girolamo che punta il dito dritto verso Gerosolimo, che il suo scudo ha tolto facendo arrivare gli strali sulla povera sindaca-capro.

L’intervento, il suo, che segue, è spento e stanco, con quella difficoltà che sembra pudore anche solo a pronunciare le due paroline magiche “primo livello”, il sindaco Casini cerca di non smentirsi, almeno lei, citando gli “ospedali riuniti” come ipotesi per raggiungere una clasificazione più consona, quasi ad arginare quel fiume di smentite politiche che poco prima sono state messe nere su bianco, con tanto di sospensione dell’assise per correggere un testo che non era ben chiaro e netto.

Pant, pant. Che fatica.

Ma non è finita. Perchè il colpo finale si consuma in un’aula ormai svuotata, dove dietro i banchi sono rimasti solo i consiglieri comunali. Per quelli di opposizione che si erano opposti alla delibera del 2016 nel quale si stendeva il tappeto all’ospedale di base, è l’ora di raccogliere lo scalpo. I toni sono educati e concilianti, ma le parole e i fatti taglienti: “Avevamo ragione noi, prendiamo atto che avete cambiato idea e questo vi fa onore” incalza Elisabetta Bianchi e poi Mauro Tirabassi e Maurizio Balassone e Antonio Di Rienzo. La maggioranza, quel che formalmente ne resta, non prova neanche a obiettare, a mettere un velo sul volto sfregiato del sindaco: “Ci siamo sbagliati, avevate ragione voi. Non dovevamo accettare l’ospedale di base, le promesse non sono state mantenute. Vogliamo il primo livello” dicono in sequenza e in sostanza Fabio Pingue, Andrea Ramunno e persino il fedele Luigi Santilli.

Si alzano le mani, è l’ora del voto: unanimità per l’ospedale di Sulmona, per il primo livello, per il punto nascita.

In un gesto l’ammissione di un fallimento.

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