Strage di alberi: “L’Abruzzo sotto attacco”

L’Abruzzo è sotto attacco. Ad affermarlo sono i comitati Terra e quello Cittadini per l’Ambiente insieme al collettivo Altrementi che chiamano in causa anche la magistratura per far chiarezza. Al centro della forte denuncia c’è, ma non solo, la questione del taglio degli alberi ad alto fusto lungo le Gole di San Venanzio tra i comuni di Castelvecchio e Molina. Parlano di “appetiti di sfruttamento diffuso e irrazionale delle risorse naturali” perché nel caso specifico ad essere tagliati sono stati alberi “per lo più perfettamente sani, su entrambe le sponde del fiume Aterno”. Avviati in somma urgenza per permettere il transito del treno in sicurezza, i lavori sono stati bloccati dal Parco a causa di una serie di comunicazioni pare non pervenute, ma dalla Regione inviate. Un “mistero in riserva” che si vuole chiarire perché questo è solo l’ultimo episodio “di una lunga serie che sta depauperando il territorio abruzzese, sotto varie scusanti che di volta in volta vengono manifestate ad hoc. Insomma una pratica che è diventata ormai una triste consuetudine nell’Abruzzo interno e sulla quale bisognerà fare maggiore chiarezza” perché potrebbero essere la scusa per favorire “interessi privatistici senza verifiche o autorizzazioni”.

Le domande che si pongono i tre gruppi sono diverse e legate soprattutto all’effettiva esistenza dell’”emergenza” che ha fatto “tabula rasa” su tutto, la riflessione che sollevano è proprio quella dell’esistenza di tecnici forestali esperti nell’analisi della stabilità degli alberi e che la cosa, in sintesi, si sarebbe potuta risolvere con potature mirate. Dentro una riserva e in zona Sic l’intervento ha “distrutto completamente il delicato ecosistema che insiste lungo gli argini fluviali.   L’aver effettuato un tale taglio (raso, eliminando anche le specie erbacee ed arbustive)- specificano-, l’aver messo a nudo il suolo e l’aver movimentato la terra degli argini stessi con il transito di mezzi meccanici, in pieno inverno, mette a serio repentaglio l’intera stabilità idrogeologica dell’argine, esponendo ad enormi rischi sia la ferrovia che la strada statale, il tutto in una zona notoriamente alluvionale come quella di Molina. Si è cioè trasformato, in un certo qual modo, l’ecosistema fiume, in un canale”. Il dubbio, poi, è che siano stati tagliati anche alberi monumentali che dovevano essere censiti dal Comune e tutelati come prevede la normativa.

“Chi aveva il compito di impedire un tale scempio? Che senso ha parlare di Aree Protette quando queste non riescono a proteggere i propri valori ed i propri ecosistemi? Il non vigilare adeguatamente nel territorio che si è chiamati a proteggere non è un delitto tanto quanto l’atto stesso (culpa in vigilando)? Quale futuro si prefigura per l’Abruzzo se è ormai evidente come chiunque possa agire, de facto pressoché impunemente, a danno del patrimonio ambientale, in barba alle norme vigenti ed alle belle parole di cui ci si riempie la bocca quando si promuove, al di fuori del nostro territorio, la meravigliosa natura in Abruzzo? Quale è anche il ruolo dei Comuni, e altre amministrazioni locali, nel permettere o impedire tali disastri ambientali? Chi agisce è forse consapevole di farla franca grazie a coperture istituzionali o a semplice ignavia amministrativa?”. E per chiudere, che fine faranno quei pezzi di legna “così accuratamente diviso in due tipi di cataste, per pezzature e tipo di legname? Come evidenziato dalle foto allegate, i pioppi giacciono in cataste di tronchi lunghi, come si fa quando si vuole ottenerne tavolame e legname da opera. Le altre specie sono in cataste di ciocchi più piccoli, come si fa per la legna da ardere. Andranno smaltiti arricchendo gli interessi di qualcuno, oppure andranno smaltiti come rifiuto speciale? Oppure dopo le attenzioni scatenate del caso, verranno lasciati marcire sul posto? Ad ogni modo, sempre con costi e danni ambientali le cui conseguenze ricadranno sulla collettività”. Un danno, dunque, che contrariamente a quanto intimato dal Parco è puramente “illusorio”, ripristinare quel patrimonio naturalistico è ormai impossibile, è sempre impossibile, si spera nella futura boscaglia ripariale sempre se nel frattempo non ci siano sviluppi degenerativi.

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