Sulmonacinema, il film della vita nostra

Chissà se le pellicole erano sottotitolate. C’è chi potrebbe raccontarci come era finito nella stanza ovale del cilindro di Portoghesi. Nelle viscere di piazza Venezuela. Quasi per caso. Incuriosito da facce e cappotti di un paese ghiacciato e lontano. Per conoscere storie di un mondo altro, ai confini del più niente, vite sgranate come un rosario in inglese o in francese.

Il principio di Sulmonacinema fu canadese. Sicuro. Resta però un mistero lontano quattro decenni: un gruppo di appassionati, romani e aquilani, scelsero un posto d’Abruzzo che non sapeva più sognare ad occhi aperti, senza più slarghi con grande schermo, per cominciare una festa grande. Luccicante. Che non si sarebbe fermata mai.

I laici cristiani delle Acli, associazioni di promozione sociale, ci credevano. Eccome. L’autunno dopo per diventar magiari occuparono ancor più convinti una sala parrocchiale dei frati cappuccini, con poltrone di legname, dove i ragazzi erano cresciuti con avventure mozzafiato di eroi forzuti e spadaccini. Poi toccò, un’era e un’altra ancora, ai severi svizzeri e ai cubani colorati. Ma furono i latinoamericani a illuminare per primi il rosso Comunale, come se la città avesse finalmente adottato i forestieri amici delle stelle, ospitandoli nel salotto buono di velluto. Per far spazio al ritorno degli emigranti dal nord America e ai registi emergenti della sperduta Australia. Quasi fosse L’attimo fuggente.

Bruciati gli Ottanta, Sulmonacinema si vestì di tricolore e gli sbarbati spettatori divennero padroni del loro destino. Un attimo prima di partorire l’Associazione fatta in casa. Con in tasca l’Ovidio argentato e negli occhi le inquadrature di giovani talenti, che avrebbero poi calpestato altri palcoscenici. Più luminosi. E venne anche il giorno del rientro al Pacifico, nella prima metà del Novecentonovanta, con un soffio vivo, spericolato e potente, per spingere nel Millennio terzo la meravigliosa macchina dei miracoli. Nell’era dei corti, della rete, del mondo globale e digitale, della dittatura on demand. Del Siff, International Film Festival. Senza più carta, odor di colla e manifesti. Ma con la stessa forza di allora, come fosse quarant’anni fa.

Bentornato Sulmonacinema, film della vita nostra. Da vedere, da scrivere ancora con fumanti scene. In tutte le lingue del mondo che ti hanno attraversato come un’ordinata Babele, guidata da una sola parlata, sempre la stessa, quella di una comunità che ti ha sentito come roba sua. Sempre. C’emme capit.

Dylan Tardioli

40 anni: galleria fotografica

Commenta per primo! "Sulmonacinema, il film della vita nostra"

Lascia un commento

Il tuo indirizzo mail non verrà mostrato.


*