Tea e Ludovico: addio in rosso

Da “cap a mont a cap a ball” come avrebbe detto nonna Teodora, da cui Tea aveva preso il nome e la tempra, il silenzio è irreale, più di quanto non lo sia quotidianamente in questo borgo di seicento anime che si aggrappa al monte Morrone con le sue case vecchie e nuove, i piccoli abusi edilizi, i ruderi rimasti tali e quelli trasformati in una confortevole terrazza sulla Valle Peligna.

A Roccacasale bar e negozi sono chiusi, gli infissi delle tapparelle serrati, le bandiere a mezz’asta e i vicoli che si inerpicano fino al castello tappezzati di drappi rossi, di foto ricordo, frasi contro la violenza di genere. Nella chiesa di San Michele Arcangelo davanti alle due bare, quella bianca del piccolo Ludovico e quella decorata con fiori di mamma Teodora, siedono gli stretti familiari che in più di cinquanta non si può stare. Ognuno porta un accessorio rosso, chi le scarpe simbolo della violenza contro le donne, chi una sciarpa, chi solo un fiocco di carta. Un simbolo che richiama la panchina rossa alle porte del borgo antico, dove fiori, lettere e lacrime, sono state versate da una comunità sotto shock. 

Teodora su quelle panchine, che prima erano “le tre panchine” ed oggi sono quattro, luogo di ritrovo di giovani sempre più rari in paese, ci era cresciuta, prima di fare i bagagli e con la laurea in Psicologia presa a Chieti, cercare una vita in Piemonte. Fino a Carmagnola dove venerdì scorso ha trovato la morte, la strage, per mano di quello che era suo marito, Alexandro Riccio, colui che avrebbe dovuto amarla e proteggerla. Lei e il suo piccolo Ludovico. E che invece l’ha uccisa, lei e il suo piccolo, massacrati con 23 coltellate e oggetti scagliati con furia assassina fino a sfregiarla nei lineamenti, a renderla irriconoscibile.

Ma a Roccacasale Teodora non sarà dimenticata, si legge su uno striscione steso su un balcone della piazza, per quello che era e per quello che ormai rappresenta: l’eterna lotta tra Caino e Abele, ricorda il vescovo Michele Fusco nell’omelia, tra l’odio e l’amore, tra il male e il bene. E infonde coraggio e forza in ognuno, quel sacrificio, a dare di più per combattere questa piaga del tempo: il femminicidio, che matura silenziosamente tra le mura domestiche, si alimenta dell’indifferenza e della paura, della vergogna e persino dell’amore. 

Dall’altoparlante appeso ad un angolo della facciata di San Michele, dove nel frattempo si è radunata una piccola, composta e distanziata folla, scorrono i ricordi: quelli “mandati a dire” dei colleghi piemontesi, quelli dei compagni di scuola, dell’amica del cuore Valentina che non riesce a leggerli di persona ma che ci tiene a ricordare una ragazza “genuina, semplice, buona e fragile”, della cugina quasi sorella, del sindaco di Roccacasale e del consigliere comunale di Carmagnola, del parroco Don Vincenzo e del fratello Vittorio col suo casco di ricci e giovinezza a sorreggere la madre Alfonsina fino ai carri funebri che attendono nella prima piazzetta fuori dal ginepraio di vicoli e case.

La canzone di Frozen a salutare il piccolo Ludovico e Anima Fragile di Vasco Rossi a dire addio a Teodora, poi ancora uno sforzo di dolore e commozione, fino al belvedere, davanti alle “tre panchine”, tra rose gettate a fare da tappeto, di nuovo la musica e centinaia di palloncini bianchi e rossi levarsi nel cielo.

L’ultimo viaggio di “quell’anima fragile” e di quel bambino di Arendelle che la regina Elsa non è riuscito a proteggere.

1 Commento su "Tea e Ludovico: addio in rosso"

  1. e vabbe’ così non vale, io piango da un quarto d’ora. Complimenti davvero, scrivere, saper scrivere, e dare notizie ed emozioni, non è da tutti

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