Una carovana tra i monti

Siamo a Guardiagrele, l’ultima tappa della carovana che nell’arco di cinque giorni ci ha portati in giro per l’Abruzzo a partire dalla Valle Subequana. Dopo aver visitato il paese e conosciuto la sua storia, ci troviamo nel chiosco del Santuario di San Nicola Greco per parlare con la Vicesindaca Flora Bianco e altri abitanti del posto e riflettere insieme su dinamiche e problematiche attuali dei paesi di montagna. Durante questo incontro, seduti in cerchio parliamo di futuro, presentiamo il nostro progetto e a turno presentiamo anche noi stessi. L’ultimo a presentarsi è Mihai:”Io vengo da Gagliano Aterno e sono dentro al progetto Montagne in Movimento da due anni. Sto vivendo un sogno. L’inizio di un sogno”.

Mihai, insieme a circa una ventina di altre ragazze e ragazzi del territorio, tra i 14 e i 20 anni, hanno partecipato al progetto “La montagna che (R)esiste” di cui la carovana rappresenta la seconda fase. Nella prima, svoltasi tra marzo e maggio scorsi, i giovani abitanti del territorio hanno partecipato a una formazione su varie tematiche che interessano le aree interne: criticità legate all’ecologia politica e alla transizione ecologica, questioni di genere, questioni generazionali. La formazione ha permesso di coinvolgere i giovani in un confronto aperto e in una riflessione critica sulle dinamiche che, in senso positivo e negativo, attraversano questi luoghi. Nella fase successiva del progetto la carovana, a partire da Gagliano Aterno, ha portato i giovani che abitano il territorio in un tour delle aree interne abruzzesi, per conoscere il territorio e varie realtà locali simili a quelle di provenienza, e per tessere relazioni con abitanti e neo-abitanti di queste aree.

Durante l’incontro io stesso mi presento raccontando di come sia arrivato sul dorso del Sirente come antropologo da meno di due settimane e di come stia allo stesso tempo studiando e partecipando in prima persona ai progetti in corso di contrasto allo spopolamento e di transizione ecologica, a Gagliano Aterno e non solo. In paesi come Gagliano è da decenni in atto un processo di spopolamento e di “impoverimento sociale” connesso all’impoverimento materiale ed economico: una criticità demografica insieme causa ed effetto della marginalizzazione delle aree interne. Ciò comporta anche il deterioramento delle relazioni sociali, della continuità culturale e della relazione identitaria e co-costituiva con l’ ambiente. La carovana, e più in generale i progetti che stiamo portando avanti a Gagliano, si inseriscono proprio nei vuoti relativi territoriali, demografici, ma soprattutto socio-culturali, che si sono venuti a creare. L’incontro tra abitanti e neo-abitanti ha colmato questi vuoti creando dinamiche di neo-popolamento, che hanno la potenzialità di generare proprio continuità culturale e nuove forme di aggregazione sociale. Un incontro in cui il paese, l’identità culturale e il futuro dei suoi abitanti emergono come continuamente ri-definiti e rinegoziati. Il paese non è un luogo monolitico, isolato, fuori dalla storia. Sono anzi le dinamiche storico-politiche e le relazioni di potere entro cui i paesi sono imbrigliati che ne hanno storicamente definito la attuale (intenzionale) marginalizzazione.

La carovana che sta terminando è essa stessa il prodotto dell’incontro tra giovani abitanti e neo-abitanti e un modo itinerante tramite cui abbiamo avviato un processo di contaminazione e di confronto sulle diverse possibilità di invertire i processi di spopolamento e depauperamento materiale e immateriale del territorio. Uno dei temi su cui abbiamo cercato di confrontarci più spesso è stato quello del turismo e dei “borghi-merci”, ad esempio. Il turismo può rappresentare una risorsa così come una minaccia, se non tiene conto delle istanze degli abitanti prima che dei turisti e se pensato come mera musealizzazione di “natura” e “tradizioni”. Un altro tema costante è stato quello della transizione ecologica. Le testimonianze e i confronti emersi durante questi giorni ci hanno permesso di riflettere insieme riguardo al modello di transizione dominante che di fatto non mette in discussione il sistema che ha prodotto l’attuale crisi socio-ecologica, ma anzi ingloba anche i paesi in un’ottica di eco-gentrificazione delle aree rurali.

Nel lungo giro che abbiamo fatto in questi giorni, ogni tappa ha contribuito alla realizzazione di una mappatura delle problematiche che affliggono le aree interne. Questo itinerario ha permesso ai giovani del territorio di partecipare attivamente alla messa in discussione delle narrazioni dominanti e del proprio sguardo: partecipazione significa lavorare insieme per costruire gli strumenti necessari a contribuire attivamente alla negoziazione conflittuale che riguarda la costruzione del proprio futuro.

In questo senso il progetto sta agendo sull’immaginario di futuro inteso come fatto culturale, e su ciò che in antropologia viene definita da alcuni autori la capacità di aspirare. Una capacità di aspirare che è distribuita in maniera diseguale all’interno della società e che forse è più corretto definire possibilità di aspirare. Nelle aree interne, infatti, il futuro appare come incerto, precario, talvolta inevitabile, spaventoso: una costruzione imposta da altri, in cui sui paesi vengono proiettate immagini e rappresentazioni altrui. I paesi non sono però spazi passivi, sono spazi vissuti, ruvidi e vibranti.

Mentre scrivo sul mio diario di campo, osservo le ragazze e i ragazzi della carovana mentre lasciamo Guardiagrele e, dopo più di 1.300 chilometri, ripartiamo verso casa, Gagliano. Gli incontri e le esperienze della carovana entreranno con noi in paese e nella continua negoziazione per la produzione di significati e immaginari. Scrivere mi permette di mantenere uno sguardo “distante”e di intrecciare le relazioni che sto vivendo e la locale negoziazione a cui partecipo con le dinamiche storico-sociali e politiche più ampie: quali campi di forze locali e globali intervengono nello strutturare il significato che gli attori locali danno dell’abitare questi luoghi e del proprio futuro? Come si situa la mia presenza di antropologo in questa arena, e quali effetti ha? Come si costruiscono, insieme, nuovi immaginari?

“Il nostro futuro non è più scritto, lo riscriviamo noi”, mi dice Mihai in pullman, quando ormai siamo alle pendici del Sirente, “il nostro futuro è cambiato”.

Cosimo Gragnani

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