Una legge contro il femminicidio

Grande risonanza sui mass media ha avuto la presentazione del DDL 724  “Disposizioni per la promozione della soggettività femminile e per il contrasto al femminicidio” che sembra, per una volta, aver messo tutte d’accordo . Sicuramente una proposta che arriva da tutte le parti politiche solidali denota che la violenza di genere è un problema sociale senza colore politico né ideologia, da affrontare finalmente a viso aperto, direttamente, non più soltanto attraverso chi in prima linea tutti i giorni combatte, come le forze dell’ordine e i Centri Antiviolenza.

Un buon Disegno di legge con qualche novità, di cui noi parliamo da tempo, finalmente è arrivato a far parte di una proposta di legge, come ad esempio l’importanza del giusto lessico da parte dei giornali, la condanna degli stereotipi di genere soprattutto nelle pubblicità.

Si dà spazio al concetto di prevenzione, una delle missioni dei Centri Antiviolenza, con la predisposizione di interventi nelle scuole mirati ad una buona educazione di genere e alla relazione. Auspichiamo che, diventando Legge dello Stato, si possano definire in maniera più costante e costruttiva gli interventi nelle scuole.

Altre novità sono la possibilità da parte dei Centri Antiviolenza di costituirsi parte civile in un processo, il riconoscimento tra i livelli essenziali di assistenza (LEA) delle misure di sostegno alle donne vittime; il reato diventa più grave se compiuto alla presenza dei minori restituendo finalmente alla violenza assistita, cioè quella agita nei confronti di una figura di riferimento del minore stesso, una propria dignità.

L’inasprimento delle pene è una trama costante del disegno di legge e, se da un lato si semplifica l’onere della prova a carico della vittima (“si ammette la prova della violenza con ogni mezzo”), dall’altro si determinano una serie di aggravanti tra cui l’occultamento doloso delle proprie risorse finanziarie (riconoscendo la violenza economica).

A carico dell’ISTAT viene istituito un Osservatorio che permetta un più attento e preciso monitoraggio del fenomeno, riconoscendo in tal modo, la violenza contro le donne un fenomeno da far emergere non più solo grazie alle Associazioni dedicate.

Si torna sul Percorso Rosa all’interno degli Ospedali e finalmente si dettano le linee guida per attuarlo nei giusti modi e non come fino ad ora ogni ASL ha ritenuto di gestire. Per ogni Presidio Ospedaliero deve essere individuato un gruppo di professioniste, soltanto donne, e formate anche nel senso della violenza di genere.

Un altro passo importante è stato fatto verso la tutela lavorativa delle donne vittime a cui deve essere garantita la possibilità della riorganizzazione dell’orario di lavoro e la mobilità geografica.

Una novità importante anche se potrebbe sembrare troppo ovvia, è quella di dover comunicare alla donna tutte le modifiche della misura cautelare o della pena a carico dell’uomo. Oggi, infatti, le donne e gli orfani speciali che stanno affrontando o che hanno affrontato un processo vivono un continuo stato di ansia e di paura perché non hanno modo di conoscere in anticipo l’eventuale sospensione delle misure cautelari o gli alleggerimenti di pena. La donna pertanto continua a vivere una situazione di pericolo imminente che non le consente una vita normale.

Ovviamente il DDL 724 è molto più articolato di quanto da me esposto qui brevemente e non è certamente privo di criticità come la parte che riguarda i Centri Antiviolenza che non sono più denominati tali ma molto più genericamente “Case e Centri per le donne”. Il pericolo che si cela dietro a questa che sembra soltanto una nuova definizione è la perdita di preparazione e di esperienza nell’accoglienza e nella gestione di donne vittime di violenza di genere.

L’operatrice di Centro Antiviolenza impara attraverso corsi dedicati lunghi e articolati e soprattutto sulla propria pelle, ad ascoltare in maniera non giudicante, a lasciarsi coinvolgere il giusto per diventare empatica ma non troppo da sprofondare nel buio insieme con la vittima.

Speriamo soltanto che questa scelta non determini la pericolosa vittimizzazione secondaria, tipica di quelle situazioni in cui la donna vittima di violenza si trova dinanzi personale non adeguato all’accoglienza seppur laureato e colmo di competenze.

In generale, dunque, facciamo un plauso al Governo che ha messo insieme una serie di norme che, però, chi lavora con le donne e nel contrasto alla violenza di genere ha da sempre come linee guida. Ci sono voluti molti anni per farci ascoltare, per fare in modo che il problema diventasse di pubblico dominio uscendo dalle stanze dei Centri, delle Questure e dei Tribunali; soprattutto ci sono volute troppe donne morte per mano dell’uomo che amavano. Speriamo che l’approvazione del DDL, magari ulteriormente modificato, sia rapida in maniera da poter dire di salvare qualcuna dall’ennesimo femminicidio.

Gianna Tollis

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