Valle Peligna ai margini dell’urna

Semplice geometria. Nessun complotto. È stata l’applicazione “stupida” della nuova legge elettorale a determinare l’annessione della Valle Peligna alla provincia di Chieti. Infatti il “Rosatellum” si basa, nella perimetrazione dei collegi, su dei semplici principi: si parte dai collegi del Senato usati per la prima volta nel 1994. Quelli diventano collegi per la Camera, quota uninominale maggioritaria (quella dove chi arriva primo vince). Il collegio proporzionale plurinominale, dove ciascun partito in coalizione presenta una sua lista di 4 o 5 nomi, è la somma geometrica di collegi contigui. Poiché in Abruzzo non ci sono stati sostanziali cambi demografici negli ultimi 25 anni, la commissione ISTAT ha proceduto in maniera rigida.

Per questo la Valle Peligna, per la quota uninominale, è rimasta con Popoli, Chieti e Francavilla. Questo ha determinato l’attrazione verso l’area Chietina anche per la parte plurinominale, dove il collegio Chieti-Sulmona viene attaccato al Lanciano Vasto. L’unico spazio di discrezionalità era la scelta su chi dovesse accogliere Pescara. Tra il macro collegio chietino e quello che accorpa Marsica, L’Aquila e Teramo, si è scelto il primo. Così, per la quota proporzionale Camera, Sulmona e il suo circondario finiscono in un’area che va da Pineto a Casalbordino a est e da Popoli a Scanno a Ovest. Questo collegio combacia per lo stesso ragionamento con il collegio uninominale del Senato. Mentre il collegio plurinominale è proporzionale della Camera Alta comprende tutta la Regione.

I Sulmonesi ultra 25enni, quindi, si troveranno due schede in mano, simile a quella che hanno usato per eleggere gli ultimi due sindaci. In alto, al posto del sindaco c’è il candidato deputato di coalizione, in basso, in uno spazio corrispondente ci sono le liste proporzionali che lo sostengono, con ulteriori cinque candidati, i cui nomi saranno stampati sulla scheda in alternanza tra uomini e donne. Mentre per la scheda rosa i candidati uninominali saranno scelti da Sulmonesi, popolesi e chietini nella parte alta cui si aggiungeranno pescaresi, lancianesi e vastesi nella parte bassa, sulla scheda gialla il candidato al “mandato diretto” sarà condiviso con gli stessi che scelgono la quota proporzionale della Camera ed il partito, nella parte bassa, avrà una lista che condivideremo con tutto l’Abruzzo.

 

È chiaro che questo scenario rende la Valle Peligna irrilevante. Un candidato nella parte uninominale non avrebbe possibilità contro un chietino, cui basterebbero i voti “autoctoni” di Chieti e Francavilla per ribaltare nettamente il risultato peligno. Ancora meno Sulmona canterà al Senato dove il bacino elettorale è ulteriormente diluito. Ma c’è di più: non sempre le aree poco popolose sono svantaggiate nei sistemi maggioritari o a circoscrizioni proporzionali piccole. I politici di un territorio con pochi elettori possono infatti trattare con i loro colleghi “minacciando” il sabotaggio su tutto il collegio e ottenendo, in cambio di lealtà, rappresentatività territoriale. È la collocazione geografica innaturale che ci rende deboli. Perché candidati Sulmonesi non sono “attrezzati” per prendere voti a Chieti, Francavilla, Lanciano o Pescara. Non perché non siano bravi ma perché sono aree che non hanno mai “battuto” sotto il profilo elettorale. Quindi oltre ad essere pochi, siamo innocui. Qualunque delle quattro coalizioni, vivrà come marginale la rivendicazione di rappresentanza dei Peligni. La perdita di consensi, in caso di mancato accordo, sarebbe infatti limitata alla nostra area e facilmente recuperabile.

Diverso il discorso sarebbe se la Valle Peligna fosse inserita nei collegi il cui capoluogo è L’Aquila. Il nostro territorio si riunirebbe con Alto Sangro e Sirente e sarebbe numericamente più consistente e tornerebbe in un habitat in cui i politici Sulmonesi, pur con scarse riserve di popolazione, potrebbero intervenire sui territori con cui condividiamo numerosissime dinamiche sociali (il governo delle scuole, delle strade, dei servizi ambientali, della sanità, dell’assistenza sociale e dei servizi alla persona). Cambiare è possibile. Le camere dovranno infatti rendere un parere su questo disegno che rimane solo un’istruttoria. Ma bisogna muoversi, perché gli organi consultivi parlamentari si pronuncerá nei prossimo 15 giorni.

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