
Avevano deciso consapevolmente di violare il divieto del questore ed effettuare ugualmente l’azione di protesta, da loro definita di “obbedienza civile non violenta”, per evidenziare che, se la legge è uguale per tutti, questo deve valere anche per la Snam. Sono stati denunciati alla procura della Repubblica del tribunale di Sulmona Mario Pizzola, Daniela Frittella, Lorenzo Pagliaro, Alba Silvani, Emilio Secchiatti e Giorgia Vitullo, gli attivisti No Snam del Coordinamento Per il clima fuori dal fossile autori lo scorso il 17 di un’azione di un presidio davanti al cantiere della centrale Snam in località Case Pente.
I sei hanno infatti contravvenuto al decreto con il quale il questore dell’Aquila disponeva che il presidio si sarebbe dovuto svolgere lontano dall’entrata del cantiere al fine di “non intralciare il traffico dei mezzi di cantiere” e “non arrecare disturbo ai lavoratori”. Pena la violazione dell’art.18 delle leggi di polizia del 1931 che, nel caso specifico, prevedono il carcere fino ad un anno. Eventualità che non ha fermato gli ambientalisti che, consapevoli delle proprie responsabilità, non avevano esitato a ribadire “che anche la Snam deve rispondere delle sue illegalità”. In primis la violazione del decreto VIA del 7 marzo 2011 che, hanno ricordato dal Comitato, “stabilisce l’adempimento di numerose prescrizioni ante operam come condizione fondamentale per l’apertura del cantiere. Ciò non è avvenuto”. Ma anche la circostanza che “la Snam continua i lavori nonostante che l’autorizzazione a costruire sia decaduta” tra le ragioni della battaglia degli ambientalisti che, sottolineano, “sono due anni che abbiamo presentato esposti alla procura della Repubblica di Sulmona ma non sappiamo che fine hanno fatto”. Senza dimenticare, continuano gli attivisti No Snam, che la multinazionale “con le sue ruspe ha distrutto testimonianze storiche di eccezionale valore, le tracce di un villaggio esistente a Case Pente 4200 anni fa, in età protostorica e che abbattuto 317 alberi di ulivo che invece, in base alla normativa vigente, andavano espiantati e ricollocati”.
E ricordando come “in uno Stato di diritto nessuno può ritenersi al di sopra della legge” gli ambientalisti richiamano alle proprie responsabilità non solo la Snam ma anche le stesse istituzioni. “Noi non ci sottraiamo al processo e alla conseguente condanna – dichiarano i sei attivisti – ma dobbiamo constatare con rammarico che chi distrugge l’ambiente, avvelena l’aria che respiriamo e aggrava il cambiamento climatico, spesso continua a farla franca, mentre chi si batte in modo pacifico per la tutela dei beni comuni è colpito con misure repressive che aggravano persino le norme di Polizia ereditate dal fascismo”. E’ forse questa, si chiedono dal Coordinamento Per il clima fuori dal fossile, l’Italia democratica voluta dai nostri padri costituenti?.
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