Artemecum: dai miti ovidiani alle parole dei “rivoluzionari”

Le immagini lasciano spazio alle parole perchè, scaduto il tempo, togliere quelle opere dalle vetrine del centro storico, tornate a vivere grazie al progetto “Artemecum, miti in corso” dell’associazione Meraki, non può significare lasciarle di nuovo nell’abbandono e indifferenza generale. Sulmona è bella e con una meticolosa cura va trattata. Così Serena Larosa e Melissa Bozzolini una soluzione l’hanno trovata e messa in pratica senza troppi giri di parole. Anzi, le parole le hanno appese alle vetrine. Per ora si tratta di testi di Fabrizio De Andrè e Luigi Tenco i quali hanno “dato voce ai più umili”, ma l’obiettivo è fare la stessa cosa con tutti gli spazi che durante l’estate hanno ospitato quadri, sculture ed installazioni di giovani artisti peligni ispirati alle Metamorfosi di Ovidio.

“Ogni vetrina ‘rappresenterà’ la voce o per raccontare storie o per far parlare chi è stato assassinato per le idee che sosteneva. L’idea è di invitare le persone a leggere parole che meritano di essere evidenziate”. Niente di più semplice. “Invitare alla riflessione” aggiunge Melissa, un’idea nata “perché avremmo dovuto coprire i vetri con della carta per mantenere il decoro del corso ma abbiamo ritenuto che non fosse giusto far tornate nell’invisibilità degli spazi che aspettano di essere affittati e così abbiamo pensato ad una soluzione accattivante ed economica da poter realizzare”.  Gli input alla Città partono dall’arte in tutte le sue forme nella speranza che, nel tempo, possano vedere germogliare frutti di consapevolezza, quella che non ha mostrato, per questo progetto, l’amministrazione comunale sulmonese.

Una mancanza di entusiasmo che ha rischiato di minare in parte il progetto. Il disinteresse, si sa, crea reazioni non sempre piacevoli e curve demoralizzanti che potrebbero raggiungere picchi controproducenti. Ma alla fine l’amore di Serena e Melissa per la propria Città ha avuto la meglio e il progetto se lo sono gestito in quasi totale autonomia. “Quasi” perchè l’amministrazione non è che non ci abbia provato a dare una mano, forse l’intenzione c’è pure stata, ma nei fatti non si è tradotta in atti concreti.

“A nostre spese, come due matte, abbiamo deciso di fare questa seconda edizione del progetto, entrambe amiamo troppo Sulmona e come tanti non sopportiamo il modo in cui viene trattata… e anche con tanti sacrifici, pur di vederla bella, siamo disposte a farlo”. Per realizzare l’edizione delle “parole” non è stato richiesto alcun rimborso ai proprietari, la speranza è che con un loro spontaneo contributo si possa agevolare il lavoro spassionato di due giovani; e non è stato contattato nemmeno il Comune, il rischio è una perdita di tempo inutile.
Come la storia delle lampade che durante l’estate avrebbero dovuto illuminare le opere di arte figurative anche la sera: nell’impossibilità di utilizzare l’elettricità l’amministrazione aveva messo a disposizione piccole lampade a batteria con una autonomia di tre ore, quindi passato il termine bisognava fare il giro per ricaricarle. Ma non si trattava solo di due, tre vetrine, bensì di quindici. Tuttavia le ragazze si erano rese disponibili, ma dal Comune, alla fine, non si è fatto vedere più nessuno.

Una soluzione al decoro urbano a costo zero messa in piedi nell’indifferenza, meno male che i “sognatori”, in questo caso “sognatrici”, continuano a sopravvivere a crisi economiche, indifferenza, attacchi e critiche.

Simona Pace

 

 

 

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