Single e maternità, la nuova frontiera della fecondazione

Alessia Carrozza il suo diamantino se lo è andato a cercare nel nord Europa, in Danimarca. A 38 anni, senza un rapporto vero e con l’endometriosi che si portava avanti fin da ragazza, ha deciso di diventare madre e di farlo da sola tramite eterologa perchè “Trovo una forzatura cercare un padre a tutti i costi quando l’orologio biologico comincia a battere la sua ora. Così ho cominciato a maturare l’idea di una fecondazione assistita”. Una scelta non facile, coraggiosa, soprattutto in una città di provincia come Sulmona, dove da cambiare ci sono la cultura e la mentalità. Un investimento emotivo importante.

Ma Alessia non si è lasciata condizionare, lei, ostetrica quotidianamente a contatto con i bambini, nei fatti aveva anche accarezzato l’idea di una adozione (in Italia impossibile per un single). Ne ha parlato subito con il suo primario, i colleghi, gli amici, la famiglia.  Ha fatto tesoro di consigli e critiche maturando così la sua preziosa idea di maternità, lentamente, soppesando ogni scelta, ogni passo da fare fino a raggiungere Copenaghen sostenuta da quella famiglia che l’ha accompagnata, anche fisicamente, verso quella scelta. “Ho fatto un primo colloquio in clinica, avevo bisogno di capire in che mani mi stessi mettendo- ripercorre la sua storia-, ho trovato un contesto familiare, rassicurante e sono tornata dopo un paio di mesi per l’intervento”.

Le hanno asportato un ovulo, fecondato dal seme di un donatore giovane, il quale ha garantito il 20% di possibilità di restare incinta, “l’embrioncino” è stato trapiantano dopo tre giorni. Il suo è un caso fortunato. “Sono rimasta incinta al primo tentativo. Qualche settimana dopo ho iniziato ad avvertire un senso di nausea. Era poco prima di Pasqua, pensavo fosse legata agli ormoni assunti, invece il test di gravidanza era positivo”. Sorride Alessia.

E così il suo diamantino ha iniziato a prendere forma. Una gravidanza tranquilla e un parto naturale. Ora che cresce qualche domanda inizia a porsela e da mamma gli racconta una favola, quella di un prezioso gioiello arrivato dalla lontana e bella Danimarca. “So bene che un giorno dovrò dargli delle risposte e lo farò man mano, non voglio che si metta alla ricerca di un padre che non c’è, né voglio tenerlo all’oscuro”. La verità, in questi casi, paga sempre perchè poi da ostetrica punta a difendere il dono della genitorialità in qualsiasi caso e a qualsiasi condizione. Dalla prevenzione nei giovani fino alle attuali tecniche per aiutare single e coppie. Che poi l’infertilità è un problema di coppia appunto: “E’ sbagliato pensare che sia dovuta solo ad uno dei due” spiega Gianluca Di Luigi, ginecologo presso l’ospedale di Sulmona. E’ questione di tasselli che non riescono ad incastrarsi, ma che in condizioni diverse potrebbero farlo.

Una su quattro. E’ questa la proporzione per l’infertilità di coppia che non lascia da parte nemmeno il territorio peligno.  Un dato preoccupante se si pensa che la situazione tenderà a peggiorare sempre di più. I fattori esterni che influenzano la salute dell’uomo e della donna sono tanti “E la soluzione non è la cura, ma la prevenzione- sottolinea il medico-. La fertilità va preservata”.

Gli aspetti da valutare, partendo dagli inquinanti, sono molteplici: dall’igiene intima alla scelta dell’abbigliamento che non dovrebbe mai essere troppo stretto soprattutto per gli uomini; l’alimentazione, scelta con cura ed attenzione, prediligendo l’origine biologica, evitando la carne imbottita di ormoni che interferendo con quelli umani provocano conseguenze dannose nel tempo come anche i pesticidi per gli ortaggi; periodici controlli “soprattutto per i ragazzi che con la sospensione della leva obbligatoria spesso non hanno mai fatto una visita medica accurata, ritrovandosi a scoprire patologie solo in età adulta” puntualizza Di Luigi, che consiglia un controllo entro i 18 anni. Il varicocele è una di queste, mentre per le donne la più comune è l’endometriosi, ma non vanno assolutamente sottovalutate anche le infezioni. “La clamidia ha degli effetti devastanti sulle tube ovariche” prosegue il medico che sulla prevenzione apre anche uno spiraglio parlando delle tecniche del social freezing, ossia il congelamento dell’ovocita o degli spermatozoi. Una tecnica consigliata  in caso di malattie, come i tumori negli apparati riproduttivi, che potrebbero compromettere la fertilità, o per chi vuole inseguire il sogno di una carriera lavorativa da percorrere a tutti i costi e che all’inizio non mette in conto la questione tempo. In Italia è possibile anche l’eterologa, ossia la donazione, ma rispetto ad altre realtà, come quella danese, non ci sono molti donatori perchè non è previsto un rimborso.

C’è una scarsa conoscenza tra i giovani di oggi che sottovalutano i rischi di vivere in sicurezza la loro sessualità. Di progetti di educazione nelle scuole al momento non se ne vedono. Dovrebbe essere premura dei consultori o dei centri specifici (Lea), all’Aquila chiuso addirittura dal terremoto del 2009. No fumo, no alcol, una vita attiva, praticare sport, buon cibo e controllato, sesso sicuro, uno stile sano insomma ed approfittare di quel poco che la sanità pubblica mette a disposizione, come il vaccino contro il papilloma virus gratuito per ragazze e ragazzi fino ai 18 anni di età.

Se poi la prevenzione non ha potuto nulla, allora ben venga la “cura” e tutte le tecniche di fertilità. D’altronde non si può fingere, le condizioni sociali occidentali sono totalmente cambiate rispetto a quelle del passato, tra l’esigenza di una crescita professionale e la mancanza di lavoro: i figli si fanno sempre più in età avanzata. “Per una donna a 35 anni crolla la fertilità, per un uomo a 45 anni è ancora facile procreare, ma non si escludono ripercussioni e problemi per il bambino tra i quali l’autismo. Non è vero- aggiunge Di Luigi- che si possono fare figli ad ogni età, le donne sono state illuse dalle storie viste in televisione, perché con le tecniche di fertilità la percentuale di riuscita è del 30-35%, dunque non è garantita”. E le tecniche di fertilità non sono neanche alla portata di tutti. La sanità pubblica in Italia garantisce tre tentativi di fecondazione assistita con ticket che si aggirano tra i 500 ed i 1000 euro, in più vanno aggiunti i controlli e i farmaci. Si tratta, comunque, di tecniche a rischio che comportano un impegno fisico per la donna, nonché psicologico e umano per la coppia, quando si è in due, perché poi di mamme single spinte dal desiderio di maternità ce ne sono. Come Alessia e la sua favola di un dolce diamantino arrivato dal nord.

Simona Pace

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