Imprese peligne: territorio in flessione. Cresce solo la Valle Subequana

Il territorio peligno è quello che soffre di più con una flessione di imprese del 4,29% pari a 10 volte il dato nazionale, seguono la Marsica, con il 2,83% pari a 7 volte il dato italiano, e l’Aquilano con lo 0,47%, molto vicino al valore nazionale. A dirlo è uno studio di Aldo Ronci, che prende in esame la dinamica delle imprese peligne, durante un arco temporale che va dal 31 dicembre 2013 al 31 dicembre 2021.

Il commercio nel territorio peligno registra un decremento pari a due volte quello su scala nazionale. Un quadro peggiore lo consegnano le costruzioni (decrescita pari al triplo di quella italiana) e le attività manifatturiere (diminuzione che supera del 40% quella nazionale).

Le tre valli che compongono il territorio peligno hanno avuto andamenti disomogenei negli otto anni presi in considerazione da Ronci. Maglia nera alla Valle Peligna, che segna una decrescita pari al 5,02%, pari a 12 volte il dato nazionale. Situazione complessivamente più rosea nella Valle del Sagittario, con una flessione dell’1,90%. Cresce solo la Valle Subequana (+2,16%), in controtendenza non solo con l’intero comprensorio, ma con l’andamento nazionale.

Da sottolineare lo strepitoso incremento del 27,78% registrato in agricoltura dalla Valle Subequana che vede nascere nuove imprese innovative nei Comuni di Gagliano (+8), di Goriano (+5) e Castel di Ieri (+2).

L’Abruzzo, tra fine 2013 e inizio 2022, ha perso 1.503 imprese, il triplo rispetto al dato nazionale. Una flessione da ascrivere, in larga misura, al settore dell’artigianato ed è determinata soprattutto dall’andamento di due attività economiche.

A soffrire, chi più chi meno, sono tutte le province abruzzesi, schiacciate da un vertiginoso calo demografico che non aiuta a investire sul territorio. A causa del decremento della popolazione l’economia locale ha a disposizione milioni di euro in meno l’anno destinati per la quasi totalità al consumo di beni e servizi e la cui mancanza determina il calo delle vendite, mettendo in crisi le imprese che in numero consistente sono state costrette a chiudere.

Una tendenza possibile da invertire passando attraverso due percorsi: l’incremento dell’occupazione e il miglioramento della qualità della vita.

“Per l’incremento dell’occupazione – spiega Ronci – la Regione deve puntare a far superare al sistema produttivo abruzzese la situazione di oggettiva difficoltà in cui si trova. Tale difficoltà è da imputare soprattutto al fatto che esso è composto per la gran parte da micro e piccole imprese che rappresentano il 96% del totale delle imprese e impiegano il 56% degli occupati. Esse hanno problemi di carattere strutturale e una scarsa propensione all’innovazione e pertanto la Regione deve reperire risorse capaci di promuovere il miglioramento della competitività tenendo conto delle peculiarità dei diversi territori regionali e in particolare di quello peligno”.

6 Commenti su "Imprese peligne: territorio in flessione. Cresce solo la Valle Subequana"

  1. “L’incremento dell’occupazione e il miglioramento della qualità della vita”, in questa frase è racchiuso tutto il necessario per il “riprendersi” e tutta la disparità di utilizzo dei fondi su base provinciale.
    Ma le scelte che determinano e CHE HANNO DETERMINATO tale situazione non sono solo regionali, provinciali o comunali, ma specialmente della politica nazionale.
    L’economia della Regione non è solo quella delle imprese, averne tante e anche valide, quando poi i servizi non vi sono…. non serve a nulla.
    Lo sperpero in una zona e il ridurre/togliere/non erogare/non realizzare/non… in altre ha e HA FATTO il resto.
    Così è stato perchè così si è voluto per scelta.

  2. Lacrime di coccodrillo | 27 Giugno 2023 at 13:57 | Rispondi

    Beh se l’unica cosa che siamo in grado di dire è no a ogni attività, se addirittura ci auguriamo la chiusura di attività esistenti i risultati non possono essere che questi. Possiamo attuare il tipico scaricabarile italiani del “piove governo ladro” ma la realtà è altra e basta leggere tanti commenti su questo sito per capire di cosa parliamo. Pensare che una realtà come Sulmona possa campare di b&b e affitta camere o di turismo è anti economico e anti storico. Basta avere minime nozioni di economia per capirlo, finita la sbornia delle favole del turismo nuova miniera d’oro toccherà a molti spiegare ai propri figli perché dovranno emigrare per avere un futuro

    • Quali sono le attività alle quali si dice no?
      Le posso, anzi potrei dare ragione solo su certi commenti che si “leggono”.
      Chi vuol vivere di solo B&B?

      • Lacrime di coccodrillo | 27 Giugno 2023 at 22:26 | Rispondi

        Qualcuno di un comitato ha pubblicato elenco dettagliato di attività a cui con vanto si è detto no. Basta leggere quello per capire di cosa si parla. Così come sempre nei commenti si legge di persone che sono convinte che campare di turismo vuol dire fare b&b e affitta camere.
        La qualità della vita è un aspetto fondamentale nella vita di ognuno è chi scrive è favorevole alla chiusura del centro storico e di piazza Garibaldi, per capirci. Ma bisogna trovare un compromesso tra esigenze e diritti diversi, perché di aria pulita non si campa.
        Se il pubblico non assume se le aziende non aprono non possiamo sperare di vivere solo di turismo, e potremmo anche discutere di che turismo intercettiamo e di che offerta turistica proponiamo.
        In altre zone dell’Abruzzo i compromessi si cercano e si trovano sulla costa tra amazon e altre imprese lo sviluppo economico c’è e più si sviluppa la dorsale costiera è più noi siamo morti. L’Aquila è storia a se. Avezzano idem. Siamo noi gli sfigati di Abruzzo anche se pensiamo di essere i più fregni.
        Ora o si fa un salto di qualità prima di tutto mentale o qua sarà sempre più un deserto. I nostri figli saranno costretti ad emigrare e qui ci rimarranno pochi dipendenti pubblici e pensionati. Ormai manco più fare il pendolare conviene perché manco sui collegamenti con la costa o con la capitale siamo in grado di andare oltre gli egoismi. Io lavoro fuori ma vivo a Sulmona ma fatico a riconoscermi in un contesto cittadino fatto di veti di anacronismi di ignoranza spacciata per scienza. La nostra storia avrebbe dovuto insegnarci che qui fabbriche hanno pagato mld di lire per andarsene altre hanno deciso di chiudere non per motivi economici, altre hanno chiuso per furbizia ma una minoranza hanno costruito un alibi per nascondere le nostre pecche, abbiamo uffici comunali che non rilasciano licenze che inventano regole per limitare l’attività di impresa di commercianti (bar ristoranti) alla faccia del turismo. Auspichiamo la chiusura di cogesa (170 posti di lavoro, il secondo datore di lavoro cittadino).
        Chi mastica un po’ di economia sa che il turismo non produce grande ricchezza e posti di lavoro sicuramente aiuta dove agricoltura e industria tirano. E non lo dico io lo dicono economisti. Ma noi continuiamo a pensare di sapere e capire tutto ma la realtà presenta il conto è il conto è salato. E a pagarlo sono e saranno i giovani costretti ad andarsene da anziani privilegiati che dall’alto dei loro privilegi pensano a difendere il loro orticello e non a costruire un futuro per gli altri.

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