La solitudine di Ovidio

 

 

Tanto beyond (al di là) -per usare un pay off fin troppo abusato- non è andato il Bimillenario ovidiano, se è vero, come denunciato dalla dirigente del Polo umanistico Caterina Fantauzzi, che loro come organizzatori del Certamen (in programma fino a sabato), quest’anno, si sono “ritrovati soli”. Niente più festoni, amanti ed esperti del poeta dell’ultima ora, niente più mostre e mostri, niente canzoni e gadget luccicanti. Neanche, persino, una presenza di rappresentanza istituzionale alla presentazione. Finita la festa, ovvero la ciccia, insomma, di Ovidio si sono presto dimenticati tutti o quasi e quegli sciami di api che, in tempo di soldi e di miele, ronzavano attorno alla statua di piazza XX settembre si sono dispersi. Le difficoltà ad organizzare la ventesima edizione del concorso di traduzione e degli studi sul poeta che gli fanno da corona d’alloro, sono state, dicono gli stessi organizzatori, tante e troppe: latitanza dei privati, ma anche e soprattutto delle istituzioni. Con il Comune che ha messo a disposizione sì i servizi e gli spazi, ma con cui si sta “ancora contrattando la possibilità di un contributo”, la Regione che anche quest’anno deciderà sull’elemosina da fare solo a dicembre inoltrato e i soldi della legge su Ovidio (700mila euro) che ancora non si sa quando e come arriveranno a destinazione. Se arriveranno. Nel frattempo la casa-spazio-museo che non si sa neanche più cosa dovrà essere, quella nell’ex convento di Santa Caterina -“che apriremo a settembre” diceva nel 2017 il sindaco-, resta inesorabilmente chiusa, come la sede del liceo e della biblioteca, d’altronde, che ad Ovidio sono intitolate e che sono sbarrate da dieci anni. Chissà cosa direbbe oggi, a due anni dalla sua visita in città per Ovidio, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, se quell’auspicio quasi intimazione alla “città dalla grande storia e che merita un futuro adeguato”, può anche solo lontanamente ritenersi soddisfatto. Di certo c’è che l’unica cosa, al di là (o beyond, se si preferisce) del miele e delle mance, che il Bimillenario avrebbe dovuto produrre nelle coscienze dei sulmonesi, almeno di quelli, e cioè l’amore e la riscoperta del poeta e del suo messaggio culturale, non è stata prodotta. Perché, oggi, altrimenti, Ovidio non si sentirebbe così solo.

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