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All’arrivo dei feretri comincia a nevicare intensamente, “è l’omaggio del Gran Sasso ai nostri figli” commenta un anziano del paese. Nella cattedrale di San Pelino a Corfinio, la gente non c’entra tutta: le tre navate sono colme di teste basse e occhi rossi, e fuori al freddo e sotto il nevischio centinaia di persone, ancora, aspettano in religioso silenzio.
E’ il giorno dell’addio a Ryszard Barone e Andrea Antonucci, i due ragazzi di 25 e 28 anni, che l’altro ieri hanno trovato la morte sulla ferrata Ricci, mentre scalavano il versante orientale del Gran Sasso.
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Un addio al quale non vuole credere neanche il parroco Don Vincenzo, che racconta come la notte del 26 “i suoi due figli” gli sono apparsi in sogno e lo hanno incitato a rialzarsi dopo essere inciampato su un sentiero di montagna. “Loro sono vivi – dice il parroco – siamo noi ad essere morti e feriti. Questo lutto è un prezzo troppo alto da pagare per tutta Corfinio, ma noi abbiamo l’obbligo di andare avanti, di rialzarci, proprio come mi hanno detto Ryszard e Andrea in sogno”.
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Nella chiesa, chiedono espressamente le famiglie delle vittime, nessuna foto o video o giornalisti: il dolore è straziante e bisogna avere rispetto. E per questo il parroco invita tutti a festeggiare il Capodanno senza botti, ad evitare di dare le condoglianze e a rimanere in silenzio.
Dentro e fuori la cattedrale c’è tutto il paese e ci sono le giubbe del Soccorso alpino, gli amici e gli appassionati della montagna, qualcuno brandisce una corda tra le mani, di quelle che legavano Andrea e Ryszard durante quella maledetta scalata.
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Poi sul pulpito sale Rosy, la fidanzata di Ryszard: la voce spezzata dal dolore e dal pianto, i ricordi di quattro anni trascorsi insieme e i progetti, quelli ancora da fare, che loro non faranno più: scalare il Cervino, aprire la prima via in falesia, imparare a sciare.
L’ultima parola ai suoi amici Scout, dove Ryszard era visto come un maestro, come una guida: “Hai fatto l’ultima scalata, sei salito in vetta – dice il portavoce – ci vorrà del tempo, forse, ma tu aspettaci”.
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