Special Olympics: 40 anni di inclusione. A Sulmona si spengono le candeline

Quaranta anni di inclusione ed è solo l’inizio. Con questo slogan si è aperta questa mattina a Sulmona in un teatro Maria Caniglia gremito di alunni delle scuole cittadine la nona convention regionale del Team Abruzzo di Special Olympics. Un evento che ha voluto celebrare traguardi importanti raggiunti attraverso lo sport inclusivo, un mondo nel quale a fare la differenza sono gli atleti, i tanti ragazzi e ragazze con e senza disabilità che insieme si allenano e insieme si confrontano.

Sul campo come nella vita perché l’inclusione è una questione di punti di vista, di prospettive che possono e devono cambiare, come hanno affermato dal palco del Caniglia i responsabili del movimento Special Olympics ospiti dell’evento, il vice presidente nazionale Alessandro Palazzotti e il direttore regionale Guido Grecchi. Intervenuti insieme ai tanti protagonisti di una realtà cresciuta in Italia come in Abruzzo che oggi conta 11 team per un totale di 274 atleti, soprattutto nel basket, disciplina sportiva più praticata dagli atleti speciali della nostra regione. A ricordarlo la vice direttrice regionale, nonché padrona di casa Loredana La Civita che con entusiasmo misto a commozione ha ricordato i progressi di un movimento che l’Abruzzo sostiene da dieci anni. Un compleanno che la nostra regione celebra con i successi dei suoi Team Special ma dove tanto ancora resta da fare, soprattutto a livello istituzionale. Per promuovere un’inclusione non solo sportiva, per la quale si potrà approfittare dei fondi del PNRR che l’assessore regionale Santangelo assicura verranno destinati anche per la realizzazione di infrastrutture accessibili a tutti.

Con l’obiettivo di far crescere un movimento che in Italia conta numeri importanti con 1600 tecnici alla guida di oltre 10mila atleti impegnati nelle diverse discipline sportive per trasmettere dentro e fuori dal campo un messaggio di cambiamento, prima di tutto culturale. E abbattere quelle barriere che impediscono la vera inclusione intesa come condivisione di passioni e di spazi dove praticarle, di esperienze e di emozioni, di vittorie e sconfitte. Dalle quali imparare la lezione più importante di tutte, quella che i ragazzi presenti questa mattina al Caniglia, i loro familiari, sostenitori e i tanti volontari, hanno già appreso da tempo: si può essere “diversi” anche e soprattutto per le proprie abilità.

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